Sky Inclusion Days - La coppia dei sogni

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1 anno fa

"Eccoci, grazie. In questo spazio, vorrei che capissimo tutti e che vivessimo tutti, che cosa vuol dire essere una coppia, una coppia paralimpica che fa sport, una coppia paralimpica di campioni e come questa coppia, che ha creato un mondo con il figlio Leonardo, che è qui, tra l'altro, nella sua casa, perché siamo nella casa di Leonardo, sia riuscita, in qualche modo, a far progredire il tema inclusione, ma quanto il mondo poi includa il loro. Per capire di chi stiamo parlando, io ve li presento così: allora, iniziamo con Arjola, Arjola Dedaj, che ho dovuto scrivere... avete vinto troppe cose, ragazzi! 100 e 200 metri e salto in lungo, queste sono le sue discipline, pluricampionessa italiana, categoria T11, 70, 100, 200 metri indoor e outdoor, record italiano nei 60 metri nel salto in lungo, un oro mondiale, un oro al meeting Grand Prix, tre argenti europei e quattro bronzi europei; Emanuele Di Marino: 100, 200, 400 metri, pluricampione italiano, categoria T11, nei 60, 100, 200, 400 metri indoor e outdoor, e questo è il suo curriculum, con un oro, un argento su a Palmares, tre bronzi agli europei, un argento e un bronzo ai Mondiali e record europei e italiani. E abbiamo quasi esaurito i nostri 10 minuti, ma va bene così! Io vorrei iniziare con il vostro racconto, di come vi siete conosciuti, ragazzi, chi vuole iniziare? Arjola, inizi tu?". "Allora, noi ci siamo conosciuti proprio nello stesso mondo, nella stessa realtà che c'ha appena presentato Roberta, proprio in un nostro primo campionato italiano indoor, ad Ancona, esattamente 10 anni fa, quindi siamo a 10 anni che stiamo insieme, abbiamo gareggiato, una volta finito le gare abbiamo iniziato a parlare, a raccontarci di noi e raccontare delle nostre disabilità, perché anche per noi era nuovo conoscere disabilità altrui. Quindi, anche per noi era un contesto nuovo e curioso ad esplorare, e da qui è partito il nostro feeling molto intenso, poi lui aveva un sorriso che mi ha colpito, anche se io non vedo, ma il sorriso è una cosa che si percepisce, quindi mi ha colpito quello e poi mi ha offerto un cioccolatino...". "Il cioccolato funziona sempre!". "Esatto!". "Potete raccontare voi, quali sono le vostre disabilità, dirlo voi, perché poi viverle è anche un altro modo di raccontarle, Emanuele". "Sì, allora, io sono nato con una disabilità alla gamba sinistra, che prende il nome di piede torto, con una malformazione anche ossea, quindi ho avuto un percorso, diciamo, medico, praticamente da appena nato, con un intervento molto, molto complesso, che sostanzialmente mi ha dato poi la possibilità di, semplicemente, camminare. Ho iniziato, ovviamente, a camminare circa ai 3 anni di età, ovviamente; però, diciamo, questo non l'ho mai visto come, diciamo, un ostacolo, un limite; questo grazie anche alla mia famiglia, che non me l'ha mai fatto vivere come una disabilità, su questo non ho mai, diciamo, ricordi di, magari, i miei genitori dicevano: stai attento, questo non lo fare; più o meno, mi hanno sempre dato possibilità di fare tutto e, soprattutto, la mia medaglia, diciamo più bella, poi al di là di quelle che si vincono sui campi, che sicuramente fanno piacere, è quella che io quando ero piccolo, i medici mi avevano detto che io non sarei mai riuscito a correre, sostanzialmente. Infatti, non è stato, ovviamente, un percorso semplice, però da pensare a una frase del genere a poi riuscire, quantomeno, anche semplicemente a fare delle gare a livello agonistico, sicuramente è una soddisfazione personale". "Arjola?". "Io, invece, sono di origine albanese, quindi anche il nome, infatti, è strano; quando sono arrivata in Italia, che avevo 17 anni, ero partita con una cultura che ho assorbito in questi 17 anni in Albania, molto arretrata, per cui, per me, la disabilità era un qualcosa che, in realtà, non era inclusione ma era proprio emarginazione, isolarmi; quindi mi sentivo isolata, mi sentivo anche di non avere opportunità nel mio percorso di vita, professionale, sportivo, scolastico, quello che fosse. Poi, per fortuna, in Italia, una volta che ho scoperto che in realtà si può fare tutto, basta avere la volontà e la voglia di mettersi in gioco, che gli strumenti ci sono, perché attraverso, ovviamente, noi possiamo tranquillamente utilizzare i sistemi informatici attraverso degli screen reader, delle sintesi vocali, quindi mi si è aperto un mondo e da lì ho imparato ad accettare la mia disabilità, che in realtà prima nascondevo, perché avevo paura, mi vergognavo del giudizio altrui. E da lì, è ripartita una seconda vita per me, quindi l'uso del bastone, muovermi in giro, esplorare il mondo, la città, senza avere paura di dovermi nascondere dietro quello che ero io". "Voi dite sempre: diamo visibilità alla disabilità fisica, grazie allo sport. Ma voglio capire da voi, che cosa lo sport, invece, ha dato sin qui, a voi. Ad esempio, loro sono genitori, se voi andate sul profilo social di Arjola, c'è scritto come prima cosa: mamma; ed è stata una tra le prime, se non la prima, atleta paralimpica a portare anche la maternità nello sport paralimpico, e tutto quello che implica. Passi avanti, Arjola, se ne sono fatti da questo punto di vista, anche grazie a te, però le mancanze, le lacune che tu sottolinei spesso, sono tante. Allora voglio capire quali sono e a che punto siamo. Perché capirlo è importante". "Per me sì, lo sport in realtà è stato proprio una rinascita, perché lo sport ti insegna, ti educa e, soprattutto, ti permette di acquisire autostima in te stesso, di prendere fiducia e, soprattutto, anche di aggregazione nella società in cui si vive, perché se poi rimaniamo dentro o chiusi e non abbiamo il confronto con la società, rischiamo di non riuscire ad esternare quello che è il nostro potenziale. Lo sport in questo aiuta tantissimo, io ho iniziato con la danza per passione, poi sono passata al baseball per ciechi e poi sono arrivata all'atletica, di cui mi sono innamorata, prima di innamorarmi di Emanuele". "È arrivato insieme". "Esatto, è arrivato insieme". "Insieme ad Emanuele, è nato anche un nostro progetto, in cui ci trovate anche nei social, che si chiama La coppia dei sogni, proprio perché, appunto, eravamo una coppia che amava fare... aveva la stessa passione in comune, avevamo anche lo stesso obiettivo in comune, che era quello di partecipare insieme alla nostra prima Paralimpiadi di Rio de Janeiro; e quindi per noi, questo era un sogno e allora abbiamo raggruppato tutti questi, diciamo, elementi in questo nostro progetto, e attraverso questo progetto parliamo alle famiglie, alla società, alle persone, che basta la volontà, basta la determinazione, l'amore, e i sogni si possono realizzare". "Emanuele, tu appartieni al gruppo sportivo della Polizia Penitenziaria, fai parte chiaramente del gruppo Azzurro. Emanuele ha un sogno. Qual è? Lo vogliamo dire? È un po' un sogno, un po' una candidatura. Chi può, lo appoggi". "Allora, sì, sostanzialmente, vabbè io, ovviamente, ringrazio il mio gruppo sportivo della Polizia Penitenziaria, di cui faccio parte ormai dal 2017, mi ha sempre supportato, le medaglie più importanti le ho vinte con loro, mi sono stati veramente di grandissimo aiuto; dall'anno scorso i gruppi militari adesso assumono anche noi atleti paralimpici, quindi, come normodotati, un mio sogno, diciamo, da quando ho iniziato a fare atletica vedendo i normodotati, era quello di far parte, a tutti gli effetti, proprio di un gruppo sportivo militare. Quest'anno per me, diciamo, è l'ultimo anno, perché poi l'anno prossimo lo supererò per limiti di età e quindi, diciamo, tenete tutti quanti le dita incrociate, speriamo che sia l'anno buono". "C'è un anno di tempo, quindi speriamo sia l'anno buono, questo. Arjola, tu hai sottolineato con me il fatto, perché poi ci siamo sentite, ci siamo conosciute prima di questo incontro, dell'importanza della guida per chi si allena, perché voi dedicate tante ore al giorno, e Arjola mi ha detto: sì, la guida per chi non vede è importante, però ci si affida a figure di volontariato. E questa è una di quelle mancanze, che ci sono". "Sì, purtroppo sì, io da quando ho iniziato ad allenarmi, essendo non vedente, ovviamente, non posso correre da sola, per cui ho bisogno del supporto costante e quotidiano. Noi ci alleniamo tutti i giorni, dal lunedì al sabato compreso, e io se non ho una persona con cui posso andare a correre, non posso allenarmi. Quindi, per me questo è un impedimento, non mi sento libera di poter fare quello che mi piace fare, che poi è diventata anche una professione per noi, perché comunque lo facciamo a livello agonistico, anche se cerchiamo, insomma, di vivere perché noi non siamo assunti, come diceva prima Emanuele, dai gruppi sportivi e quindi, non siamo supportati a livello economico da nessuno, se non magari da partner che si innamorano di noi, del nostro percorso". "Come Allianz, in questo caso". "In questo caso Allianz, partners Italia, dove io anche, è l'azienda in cui lavoro, ascoltando anche prima, gli interventi di prima, appunto, del mondo del lavoro e dell'inclusione, è stata una delle grandi aziende che ha assunto 10 persone non vedenti, attraverso un progetto inclusivo che hanno realizzato un software che potesse essere accessibile a tutti, e siamo, diciamo, entrati a far parte del gruppo, e loro ci hanno sempre supportati come coppia dei sogni, da ormai, dall'anno del 2016 a Rio, quindi grazie a loro riesco a combinare lavoro e sport insieme, perché mi permettono di farlo proprio come una professionista e su questo, io gli sono sempre molto grata a loro. Però, la figura delle guide, tornando, appunto, alle figure degli atleti guida, viviamo, purtroppo, sul volontariato. Io ho avuto tanti anni anche il supporto di Emanuele, che negli anni passati quando non avevo nessuno, mi ha dato una mano. Quest'anno ho un ragazzo, se lo chiamano Santo tutti! Alessandro, che mi segue quasi tutti i giorni al campo, quindi lo ringrazio, spero che duri, perché lo fa sempre anche lui in maniera volontaria, ecco. Però, vorrei che si istituisse una riforma, un diritto anche per noi, che questa figura fosse, diciamo, accessibile a tutti, ecco. Sia dagli atleti che vogliono iniziare, dal promozionale, sia fino ad arrivare ad agonistico, perché manca questa figura in tutti i livelli, dalla base, all'agonismo". "Siamo quasi in chiusura, ma vorrei che anche Emanuele dicesse perché hai lottato tanto per la tua categoria, perché poi ogni vostra categoria appartiene ad un mondo, no?". "Assolutamente sì, una cosa che ci tengo giusto a precisare velocemente, parlando dei partner che ci supportano, abbiamo anche un medical partner, che è WINTECARE che ci supporta e ovviamente aiuta tantissimo, però per me che ho una disabilità motoria, ho bisogno di fare tantissima fisioterapia, è un supporto che per me è praticamente vitale e che gliene sarò probabilmente grato a vita. Riguardo alle battaglie, tra virgolette ovviamente, che ho portato avanti per la mia categoria, semplicemente è che la mia categoria veniva, sostanzialmente riconosciuta e gli veniva data la possibilità di partecipare a una Paralimpiade, perché purtroppo la non partecipazione mia a Tokyo, è stata dovuta al fatto che non c'era la gara della categoria nostra in disabilità, nonostante ne siamo tanti al mondo, all'interno del programma paralimpico, ma era combinata con un'altra categoria con livelli, ovviamente, prestativi completamente diversi. Questa battaglia, io ho 34 anni, non l'ho fatta tanto per me, ovviamente, ma l'ho fatta per tutti gli atleti del mondo che credo sia giusto abbiano il diritto di poter gareggiare equamente". "Perché qualsiasi passo loro facciano, gli atleti paralimpici fanno, arriva anche per quelli dopo, soprattutto per quelli dopo, perché apre un mondo, e oggi venendo qua e conoscendo loro pensavo: caspita, siamo nel posto in cui si parla di scienza, di tecnologia, di chi in antichità, Leonardo ad esempio, ha avuto, è stato un visionario, aveva dei progetti e veniva magari additato come quello pazzo, quello strano e gli ponevano dei limiti, io credo che Arjola ed Emanuele, Arjola Dedaj ed Emanuele Di Marino, siano l'esempio di come i limiti non esistano e con un bell'applauso, se volete, gli facciamo un in bocca al lupo anche per Parigi 2024. Grazie Arjola, grazie Emanuele". "Grazie mille". "Grazie".

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