Per molti è un compromesso. Il testo finale approvato dalla COP28 è stato accolto così da diversi osservatori, tra cauta soddisfazione e parziale preoccupazione. Molti partecipanti al vertice sul clima ne hanno evidenziato le lacune, soprattutto al capitolo relativo all'abbandono dei combustibili fossili. Un buon accordo per l'inviato degli Stati Uniti per il clima John Kerry. "Il fatto è che questo documento invia messaggi molto forti al mondo. in primo luogo il documento sottolinea che dobbiamo impegnarci a mantenere gli 1,5 gradi a portata di mano, questa è la stella polare". Un plauso dall'Unione Europea che accoglie con favore il testo dichiarando l'inizio della fine dell'era dei combustibili fossili, con la presidente della commissione Ursula von der Leyen che definisce una buona notizia per il mondo, sottolineando l'importante sforzo dell'Europa. Di certo COP28 si conclude lasciando un sentore di progresso, ma anche contraddizioni significative. Per raggiungere la soglia concordata l'intesa prevede infatti che si raggiunga il picco massimo di emissioni di carbonio entro il 2025, ma lascia un margine di manovra a singole nazioni come la Cina per conseguire il risultato più tardi. Soddisfazione da Opec e Paesi Sauditi restano piuttosto tiepidi invece gli ambientalisti più radicali Tra le voci più autorevoli spicca quella di Al Gore, tra i primi al mondo a lancia l'allarme sul clima, convinto che la decisione della COP28 di riconoscere finalmente che la crisi climatica sia in fondo una crisi dei combustibili fossili sia una pietra miliare importante, ma è anche il minimo indispensabile ed è attesa da tempo. Lapidario l'ex vicepresidente Stati Uniti sottolinea che l'influenza dei Paesi petroliferi è ancora troppo evidente nelle mezze misure adottate e nelle scappatoie incluse nell'accordo finale.