Tornato in Italia il piccolo Alvin, cresciuto con l’Isis

08 nov 2019
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Io il racconto ve lo farei ascoltare direttamente da Francesco Rocca, che è il presidente della Croce Rossa Italiana. Lui ha seguito in prima persona tutta la la vicenda di Alvin. È stato lui ad accoglierlo a Damasco quando è uscito dal campo profughi di Al Hol, e lui ha viaggiato con lui questa mattina. Insomma, lei prima mi diceva è stato toccante vedere questo bambino quando ha riabbracciato il papà e le sorelle. “Insomma, sono state giornate impegnative, molto... ovviamente c'è molta tensione, c'è un investimento emotivo forte, quindi vedere Alvin riabbracciare in quella maniera così forte e non staccarsi dalle sorelle, insomma, è stato un momento molto emozionante, che ripaga anche di tanta fatica, di tanta... insomma”. Ecco, immagino che questa vicenda sia stata piuttosto complicata. Trovarlo innanzitutto in questo campo profughi dove ci sono tantissimi bambini, e poi soprattutto dopo questi anni anche riconoscerlo attraverso una foto e tutto quanto. Ma insomma, il momento... ecco, ci racconti il momento per lei più complicato di questa vicenda. “Per noi il momento più complicato è stato ovviamente farlo uscire dal campo. Quella è una zona dove ancora in questo momento c'è una volatilità molto alta. È una zona che comunque non è stabile sotto il profilo della sicurezza, quindi, dal momento in cui noi sapevamo che il bambino veniva consegnato nelle mani del nostro personale, della Mezzaluna Rossa Siriana, che è presente ad Al Hol, lavora nel campo sanitario, fino a quando non lo abbiamo visto a Damasco ovviamente l'ansia era tanta, però poi alla fine, quando è atterrato, c'è stata un po' di emozione, ci siamo rilassati, abbiamo potuto abbracciarlo, abbiamo potuto giocare con lui, soprattutto tranquillizzarlo, perché ovviamente il bambino ha visto tante facce diverse negli ultimi giorni. Era importante tranquillizzarlo, focalizzarci sulle cose positive, sul fatto che lo stavamo riportando dal papà, dalle sorelle, e questo gli dava serenità. Poi ovviamente qualche gioco, le costruzioni, questo, insomma, mi sembra. Così abbiamo fatto passare questi ultimi due giorni in maniera tale che tutto, anche sotto il profilo emozionale per lui, filasse liscio”. Certo, proteggerlo psicologicamente è importante anche perché pensate che questo bambino, che viveva, come dicevi tu, Alessandra, a Lecco fino a sei anni, poi è stato portato via dalla mamma, adesso parla benissimo arabo e, mi dicevano, anzi se me lo conferma lei, non parla più italiano. “Pochissime parole. Di fatto per comunicare con lui noi avevamo l'interprete arabo e lì interagiva perfettamente, aveva comprensione di tutto. D'altronde gli ultimi cinque anni e mezzo lui li ha vissuti parlando soltanto quella lingua, mentre invece comunque con il papà un po' di albanese lo ha mantenuto, probabilmente anche quando stava con la mamma. Con la mamma interagiva in albanese, quindi questo mi fa pensare il motivo per cui lui ha mantenuto anche l'albanese come lingua”.

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