Luogo sicuro, lontano dalle famiglie, così viene definita nel provvedimento della Polizia Locale e del pronto intervento minori del Comune di Milano, la destinazione attuale dei ragazzini di origine bosniaca tra gli 11 e i 13 anni, che lunedì erano a bordo dell'auto rubata, che ha falciato e ucciso Cecilia De Astis mentre camminava sul marciapiede di Via Saponaro, nel quartiere di Gratosoglio a Milano. Almeno di tre di loro, visto che il più piccolo ancora non è stato rintracciato. Poi li attenderà la comunità, sempre lontani dalle famiglie. Poco più di 24 ore dopo la morte di Cecilia De Astis li avevano presi la prima volta al campo di Via Silvanesco, interrogati assieme alle madri e riaffidati alle famiglie. Avevano ammesso tutto, funzionavano male i freni, aveva detto il 13enne alla guida, siamo scappati perché abbiamo avuto paura. Poi la nuova fuga su due mezzi diversi li fermano in due località del Piemonte diretti in Francia o forse in Spagna. La procura minorile aveva appena avanzato ricorsi urgenti a tutela dei ragazzini e attendeva la decisione del giudice. Con la fuga le famiglie non hanno fatto altro che esporre i figli, a grave pregiudizio e pericolo per la loro incolumità psicofisica, chiamando palesemente in gioco l'articolo 403 del codice civile, che prevede per i minori anche l'allontanamento dai genitori e la collocazione in comunità protetta. Lo deciderà un giudice entro 15 giorni e la stessa sorte toccherà al quarto minore una volta rintracciato. Non avevano neanche 14 anni, aveva detto uno dei figli della vittima, non possiamo mettere sulle loro spalle tutte le responsabilità. Il nemico ha aggiunto il parroco durante l'omelia al funerale della donna, non sono certo i bimbi. .























