Una rosa bianca deposta di fronte alla casa dello studente, simbolo dell'Aquila, che adesso non c'è più. L'edificio che qui sorgeva è stato spazzato via dal terremoto del 6 aprile del 2009 che ha distrutto le vite di 8 studenti rimasti intrappolati fra le macerie. Altri giovani erano in città per studiare all'università e i loro sogni sono svaniti nella polvere di quella notte infinita. Dopo 14 anni il capoluogo abruzzese è ancora ferito. Il centro storico è tornato a vivere con i suoi bellissimi palazzi, ricostruiti secondo norme antisismiche, mentre la cattedrale è stata riaperta solo a fine mese di febbraio, non al pubblico ma per iniziare i lavori. Siamo entrati all'interno di queste mura segnate dal terremoto con le nostre telecamere. I crolli sono tanti, ci vorrà molto tempo per far tornare questo gioiello di architettura com'era una volta. La ricostruzione procede lentamente, più spedita va quella privata. "Sulla ricostruzione pubblica scontiamo dei ritardi che sono derivati da una normativa spesso contraddittoria e poco consona alle esigenze degli enti locali. Abbiamo avuto negli anni delle semplificazioni, le ultime importanti col Governo Meloni. La ricostruzione degli immobili privati tra 2 anni sarà pressoché terminata mentre la ricostruzione degli immobili pubblici, anche la riconsegna degli spazi pubblici ad esempio Piazza Duomo, il Corso ripavimentato, ci vorrà qualche anno in più e quindi immagino che fra 5 anni tutto sarà ricostruito." Al parco della memoria il ricordo è doloroso ma si pensa al futuro. "Io la vedo un pochino spopolata, qualcuno è tornato però è ancora spopolata. La prima istituzione che doveva ripartire qui a L'Aquila era il municipio, rifarlo a L'Aquila subito perché praticamente rifacendolo subito, riportavi la gente in città." Da un lato ci sono gli studenti e i giovani che non riescono ad immaginare una vita lontano da questa città, dall'altro c'è la delusione di chi invece è andato via costretto magari dall'impossibilità dopo anni di vedere ricostruita la propria casa.