Se ne va un giornalista che ha attraversato tutte le stagioni del piccolo schermo dal bianco e nero al colore. Emilio Fede, nato a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia il 24 giugno del 1931, si è poi trasferito a Roma, dove supera l'esame di maturità classica. Giovanissimo ha iniziato a scrivere sui giornali come Il momento, il Mattino di Roma e la Gazzetta del popolo di Torino. È nel 1958 che ha fatto il suo ingresso in Rai, come conduttore. In seguito è stato nominato inviato speciale in Africa e ha collaborato con il settimanale d'inchiesta TV sette diretto da Sergio Zavoli. Dal 1976 per cinque anni, ha condotto il TG uno, in particolare della prima edizione a colori, il 28 febbraio del 1977 e dal 1981 ne è diventato direttore per due anni. Sotto la sua direzione la testata ha trasmesso l'incidente di Vermicino, l'agonia di Alfredino Rampi, il bimbo caduto e morto in un pozzo artesiano vicino a Roma. Nel 1989 è passato alla Fininvest di Silvio Berlusconi, dapprima come direttore di video news, poi di studio aperto, notiziario di Italia uno che è il 16/01/1991, primo telegiornale in Italia, che ha annunciato in diretta l'inizio dell'operazione Desert Storm durante la guerra del Golfo. Nel 1992 è stato istrionica ha raccontato gli anni dell'ascesa politica di Silvio Berlusconi, di cui Fede ha celebrato con enfasi l'affermazione elettorale del 1994, una vittoria, ha dichiarato con malcelata emozione, ottenuta contro tutto e tutti. Un'intesa fraterna che Fede ha voluto ribadire nelle ore precedenti alla morte del Cavaliere. Io e lui adesso lo posso dire, non sono il solo, eravamo come fratelli. Come fratelli, vorrei una volta per tutte definire la mia amicizia, la mia amicizia e il mio rapporto con lui è straordinario. Nessuno può dire, a parte certamente gli stretti familiari, quanto sia, cementato quello che io ho provato con lui. Un rapporto che ha resistito anche alla bufera giudiziaria che lo ha coinvolto tra diverse inchieste nel Ruby Gate, le cene eleganti di Arcore, su cui coinvolto tra diverse inchieste nel Ruby Gate, le cene eleganti di Arcore, su cui la magistratura milanese ha acceso un faro che lo ha portato alla condanna .























