"Due anni e mezzo di dolore, due anni e mezzo di sconforto, due anni e mezzo di sopravvivenza. Perchè non stiamo vivendo, stiamo sopravvivendo". Dominga e Piero, avrebbero dovuto abbracciare la loro Guen da tempo, dopo 6 anni di attesa dalla domanda di adozione, il 4 marzo 2020 avevano ricevuto una proposta di abbinamento. Una bimba della contea cinese di Lejiu di circa 5 anni e mezzo. Sarebbero dovuti partire da lì a poche settimane, ma il Covid ha cambiato i piani. Sono più di trenta, le coppie italiane che da quasi 3 anni attendono di incontrare i loro figli in Cina, ma il paese dallo scoppio della pandemia, ha bloccato le adozioni e gli ingressi. Unico al mondo a non avere ancora revocato il divieto. E così quello che doveva essere il momento più bello nella vita di tutti loro, si è trasformato in un incubo. Perché il fatto che quei genitori non li abbiano ancora incontrati, non rende coi bambini meno figli degli altri. " Arriva il giorno che cambia veramente la vita alla coppia. Arriva la famosa telefonata, perché è così che succede. Un figlio adottivo nasce proprio nel momento più aspettato, nel luogo più inaspettato. Arriva questa chiamata, c'è un figlio per voi. E' un momento straordinario, fortissimo quando è arrivata la fotografia è stato veramente amore a prima vista. Abbiamo pianto, ma questa volta veramente abbiamo pianto di gioia tanto, e ho voluto subito mandare una fotografia a mia mamma, con la quale ho sempre condiviso il tutto, e mi ricordo questa frase che poi è stata, purtroppo, la frase che mi ha fatto tanto soffrire. Ho paura di essere felice, perché sembrava tutto perfetto". Paola e Ilario, sono alla loro seconda adozione internazionale, il loro primo figlio Victor ha 13 anni e non vede l'ora di abbracciare suo fratello. Come lui, sono in attesa tanti altri bambini, alcuni dei quali hanno bisogni speciali e necessitano di cure. La Cina, ufficialmente, dichiara di temere per la loro salute, e fino a quando la pandemia non sarà cessata a livello globale, difficilmente la situazione potrà sbloccarsi. A nulla sono valsi i numerosi appelli dei genitori tramite la Santa Sede, il Governo e le ambasciate e nonostante il supporto del CAI, la commissione per le adozioni internazionali e i vari enti di riferimento. Le coppie, hanno proposto di partire, di incontrare i loro figli direttamente a Pechino, o di far viaggiare i piccoli insieme alle tate, che li seguono nei vari istituti, per evitare qualsiasi forma di contagio. Le coppie adottive in procinto di partire, hanno avuto tra l'altro l'accesso prioritario alle vaccinazioni contro Covid. E così in attesa della pergamena rossa, ovvero l'invito ufficiale da parte del Governo cinese ad entrare sul territorio, questi figli crescono lontano dai loro genitori. Possono passare anche molti mesi tra una foto l'altra, tra un video e un rapido aggiornamento. "Difficilissimo accettare questa crescita tramite fotografie. Da ottobre dello scorso anno, noi poi abbiamo ricevuto altre fotografie alla fine di giugno di quest'anno. Quindi circa otto, nove mesi dopo". Come per Paola e Ilario, anche Maria Chiara e Federico sono alla loro seconda adozione internazionale. A loro la notizia dell'abbinamento, è arrivata in pieno lockdown. "È una sensazione strana, quella di sapere che c'è già un figlio con un volto e con un nome. Di essere, comunque, bloccati qui ancora distanti". Ciò che chiedono queste famiglie, è che confini vengono riaperti quanto prima. "L'unico appello, andrebbe veramente spedito oltre i bastioni della Grande Muraglia Cinese, perché finalmente forse si possa intuire che il viaggio della vita per i figli che aspettano una famiglia, non può essere racchiuso in un visto di tipo turistico, ma ha ben altro profondità è ben altra importanza".























