E poi c'è un'altra Italia, quella meno colpita dal coronavirus, almeno per numero di contagi, ma non per questo meno preoccupanti. Sono alcune regioni del centro e del sud, già caratterizzate da una sanità fragile e complicata. Sistema che in piena emergenza coronavirus rischia di crollare. La mappa dei contagi in Italia, aggiornata a sabato 28 marzo, dice che molte di queste regioni sono in fondo alla classifica anche per numero di morti, ultima Molise, poi Basilicata, Calabria, Umbria, tutte con cifre ancora a tre zeri e l'Abruzzo con poco più di 1000 contagi. Ma in queste regioni dalle mascherine all'ossigeno, scarseggiano quasi completamente i dispositivi di sicurezza. Se arriva qualcosa, vanno ripetendo i diversi governatori, è con il contagocce. Così non si può reggere l'allarme soprattutto per il personale medico che, denunciano i sindacati di categoria, è costretto ad assistere i malati quasi a mani nude e se ovunque è una corsa contro il tempo per riconvertire negli ospedali molti reparti in aria-covid, a preoccupare di più sono le terapie intensive. I posti letto già attivi in Calabria sono 141, 109 in Abruzzo, 64 in Basilicata, 70 in Umbria e 19 in Molise. Ora, dinanzi all'emergenza, si sono predisposti nuovi posti letto. A regime saranno più 80 in Calabria, più 42 in Abruzzo, più 15 in Basilicata, più 26 in Umbria, più 8 in Molise. Uno sforzo enorme che rischia però di restare vano, il motivo è sempre lo stesso, i respiratori stentano ad arrivare o avranno tempi lunghi di consegna. Un esempio alla Calabria ne sono arrivati ad oggi appena otto, all'Umbria dieci, sei dei quali al momento inutilizzabili perché arrivati dall'estero, con l'attacco dell'ossigeno diverso da quello italiano.