Libero di essere ucciso la sera perché senza scorta. La voce sarcastica e amara di Paolo Borsellino è un pugno nello stomaco. Risuona davanti alla Commissione parlamentare antimafia; è l'8 Maggio 1984. È una delle audizioni che arrivano a noi dagli archivi finora segreti della Commissione antimafia, e svelano amarezze, preoccupazioni, denunce e proteste di uno dei simboli della lotta alla mafia che Cosa nostra ucciderà il 19 Luglio del 1992 con la sua scorta a via D'Amelio. “Buona parte di noi il pomeriggio, nonostante la mattina, con strombazzamento di sirene, viene accompagnato in ufficio dalle scorte e dalle macchine blindate, il pomeriggio non lo può fare perché macchina blindata ce n'è una soltanto”. Borsellino lamenta la presenza a singhiozzo della scorta, ma non è che l'ennesima carenza organizzativa che ostacola il pool antimafia, alle prese con il maxi processo a Cosa nostra. Un'impresa titanica che farà la storia di questo Paese, affidata a un gruppo di magistrati straordinari che rischiano la vita, che lavorano 20 ore al giorno, ma che devono fronteggiare ostacoli pratici e paradossali, come l'assenza di dattilografi e non solo. “Questo computer è finalmente arrivato. Purtroppo non sarà operativo, se non fra qualche tempo, perché sembra che i problemi di istallazione siano estremamente gravi, e non capisco perché”. L'audizione è del 1984, la prima delle sei in cui prende la parola Borsellino, un'altra è del 1986, l'11 dicembre. Davanti all'antimafia, stavolta, come procuratore di Marsala, il giudice parla di una procura smobilitata e se la prende con il CSM, che non manda pubblici ministeri in una procura di frontiera, preferendo risolvere i problemi del tribunale di Mondovì. La stilettata non si fa attendere. “Tra l'altro c'era Borsellino che era qui lui da solo; Borsellino è abituato a lavorare, però miracoli non ne sa fare”. In quella stessa audizione Borsellino spiega che per far sì che a Marsala circoli una volante anche di notte si è fatto dimezzare la scorta. Il controllo del territorio è inesistente, aggiunge il magistrato, che racconta un aneddoto di Buscetta. “Mi ha detto: no, signor giudice, perché nel nostro ambiente si sapeva che fra le due e le quattro c'è la smonta e volanti non ne circolano. Conseguentemente, noi latitanti ci andavamo a fare la passeggiata”. E sempre denuncia forte e accorata è quella che avviene il 4 Dicembre del 1989; Borsellino, sempre procuratore a Marsala, parla di quel territorio come il santuario dei latitanti e il luogo di affari e di espansione delle finanziarie legate alla mafia. Denunce continue, bocconi amari, burocrazia, solitudine e difficoltà pratiche che non hanno mai impedito a lui, come ad altre vittime della mafia, di fare sempre e comunque il proprio dovere fino alla fine.