Mio figlio non è un terrorista, ha sbagliato, ma non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Incontriamo la madre di Luigi Antonio Pennelli davanti alla sua abitazione di San Michele di Bari, il paesino in cui viveva questo 23enne che, secondo la Digos e la Procura del capoluogo pugliese, progettava di costituire la prima cellula italiana dell'organizzazione terroristica suprematista americana "The Base". La donna che chiede di non essere intervistata ci confida, comunque, le sue paure legate soprattutto alla permanenza in carcere del figlio, un ragazzo fragile così lo descrive, ricordando i ripetuti atti di bullismo di cui sarebbe stato vittima in passato. E come un tipo solitario lo ricordano qui in paese, dove il 23enne, che aveva lasciato la scuola dopo la terza media e non aveva un lavoro, si faceva vedere poco in giro. "Si dice che non uscisse mai di casa?", "Sì, è vero era un tipo un po' solitario, si bè cioè si vedeva molto poco.", "Sorpreso da insomma quello che è venuto fuori dalle indagini?" "Molto, perché non non me lo aspettavo, sembrava un bravo ragazzo." Intanto, nell'interrogatorio di garanzia, che si è tenuto nel carcere di Bari Luigi Antonio Pennelli pure avvalendosi, tecnicamente, della facoltà di non rispondere ha voluto rendere dichiarazioni spontanee al giudice ammettendo di non essersi reso conto della gravità i suoi messaggi in rete, dove si diceva pronto al sacrificio estremo a tutela della razza bianca.























