Si sono presentati uno alla volta accompagnati dai loro legali, nell'ufficio del giudice per le indagini preliminari Stefania Donadeo per l'interrogatorio di garanzia, gli ultimi quattro agenti della Polizia Penitenziaria, degli otto sospesi dall'incarico nell'ambito dell'inchiesta sui presunti maltrattamenti e torture al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, che ha portato in carcere anche 13 loro colleghi. Dei quattro agenti, tutti accusati di reati perlopiù omissivi, per non aver in sostanza impedito i pestaggi, solo in tre hanno deciso di rispondere alle domande del Gip, difendendosi. Un quadro definito interessante quello finora ricostruito, giustificato, nella versione di molti degli indagati, con interventi contenitivi nei confronti di detenuti problematici. Il Gip ora dovrà decidere sulle richieste avanzate dai difensori degli arrestati di adottare i domiciliari, o di revocare la sospensione dal servizio. L'inchiesta intanto va avanti. Gli investigatori hanno acquisito tutte le cartelle cliniche dei detenuti dal 2021 a oggi, alla ricerca di altri possibili episodi di violenza. Al vaglio poi le posizioni del personale medico, educatori e vertici della struttura. Nei prossimi giorni saranno sentiti altri giovani detenuti del Beccaria e saranno anche analizzati i dispositivi sequestrati e le immagini delle telecamere interne, dalle quali emergono scene definite cruente. Come quella del pestaggio di un 15enne trascinato fuori dalla cella, lo scorso 8 marzo, da quattro agenti in abiti civili, e poi colpito ripetutamente da due di loro alla testa e al torace fino a farlo cadere a terra. La scena viene descritta in alcuni fotogrammi allegati a un'annotazione della Procura. Quanto reso noto sulle violenze al Beccaria di Milano, si legge in una nota della Giunta delle camere penali e dell'Osservatorio Carcere, dimostra che le condizioni di abbandono e degrado in cui versano le nostre carceri, stanno trasformando, sempre più, quei luoghi di dolore e sofferenza in veri e propri buchi neri della legalità, in cui lentamente muore la nostra democrazia.