La sequenza sismica comincio nel pomeriggio del 14 gennaio. Alle 13:28 i primi gravi danni a Montevago, Gibellina, Salaparuta, Poggioreale. La scossa delle 14:15 fu avvertita anche a Palermo, Trapani e Sciacca, quella delle 16:48 colpì Menfi, Partanna, Salemi, Santa Margherita Belice, Santa Ninfa. L'allora Comandante dei Carabinieri di Palermo, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, visitando i luoghi consigliò alla popolazione di trascorrere la notte fuori. Si salvarono così in tanti, quando la terra tremò ancora alle 2:33 e alle 3:01 e si sentì fino all'isola di Pantelleria con effetti disastrosi. Dei 21 paesi di 3 province della Sicilia occidentale colpiti dal terremoto metà vennero completamente distrutti. I morti furono 300. I feriti un migliaio. I soccorsi tardarono. Non esisteva ancora la Protezione Civile, nei giorni seguenti arrivarono volontari da tutta la Sicilia con cibo e coperte per aiutare la popolazione del Belice, nome originario che dopo la tragedia i media cambiarono in Belice. Alle vite spezzate va il primo pensiero, fu una prova durissima, il Paese intero partecipò con commozione alle sofferenze di quelle comunità, scrive nel cinquantacinquesimo anniversario, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Gli sfollati furono 100mila, metà emigrarono al nord e non tornarono più. Gli altri furono sistemati nelle tendopoli prima e nelle baraccopoli dopo e lì restano per decenni. Le ultime baracche smantellate solo nel 2006. La ricostruzione fu lenta, tuttora incompleta. Lo Stato sembra essersi dimenticato di questo territorio ma noi non siamo cittadini di serie B, dice Nicola Catania Sindaco di Partanna e coordinatore dei Sindaci del Belice.