Bimba morta, autopsia conferma il decesso per stenti

Quali sono state le cause che hanno portato alla morte la piccola Diana? E quando esattamente, nei sei drammatici giorni in cui la bimba di 18 mesi è rimasta sola in casa, ha smesso di respirare? E ancora, la piccola era stata in qualche modo stordita, magari con quei potenti ansiolitici trovati in cucina, per evitare che piangesse? Sono queste le domande a cui l'autopsia, disposta dal Pubblico Ministero Francesco De Tommasi sul corpicino della bimba, deve dare una risposta. Quel che è certo è che Diana è morta sola, chiusa in quel bilocale al primo piano del civico 20 di via Parea, in zona Ponte Lambro a Milano, con un caldo asfissiante e senza cibo. Solo un biberon, quasi vuoto, accanto al lettino da campeggio in cui è stata ritrovata la bimba priva di vita. E proprio su quel velo di latte rimasto sono stati disposti accertamenti per capire se sia stato corretto con qualche goccia di benzodiazepine, ipotesi da subito smentita però dalla madre Alessia Pifferi, 36 anni, che agli investigatori ha raccontato di aver ricevuto quel farmaco da un uomo frequentato a inizio anno e di cui non ricorda il nome. Previsti anche esami radiologici sul corpo della piccola per verificare se i ripetuti abbandoni, ammessi dalla madre, possano averne compromesso lo sviluppo o se ci siano segni di lesioni interne, di cui peraltro non ci sono sospetti. La donna intanto è sorvegliata a vista nel carcere di San Vittore. L'ipotesi di reato nei suoi confronti, per il momento, è di omicidio volontario pluriaggravato, in attesa che gli ultimi elementi vadano a completare il puzzle dell'indagine condotta dalla squadra mobile di Milano. Al momento dell'arresto Alessia Pifferi aveva confessato di aver lasciato da sola la bimba per andare dal compagno in provincia di Bergamo. "Sapevo che poteva succedere" -ha detto- "ma speravo non accadesse". Con l'uomo, al quale aveva raccontato che la bambina era con la baby-sitter, erano ripassati da Milano qualche giorno dopo, senza però andare a casa. Sei giorni dopo è stato troppo tardi.