“Le donne e i bambini sono diventati proprietà del padrone di casa”. Suonano amare, pesanti come un macigno le parole del Vescovo di Novara monsignor Giulio Brambilla durante l'omelia ai funerali del piccolo Leonardo Russo, morto giovedì scorso, a neanche due anni, per le percosse subite. Un omicidio volontario pluriaggravato per il quale sono indagati la madre, la ventiduenne Gaia Russo, il compagno di lei, il ventitrenne cocainomane Nicolas Musi, noto alle Forze dell'ordine per pregressi episodi di lesioni, maltrattamenti e violenza sessuale. Parla di “strage degli innocenti” monsignor Brambilla. “Siamo attoniti e feriti” dice “per non aver saputo difendere una vita indifesa” e sottolinea quello che non dovrebbe essere necessario sottolineare: “i bambini richiedono pazienza, dedizione, attenzione”, quello che, sospettano gli inquirenti, potrebbe essere mancato al piccolo Leo, nato da una precedente relazione della madre con un tunisino che non lo ha mai riconosciuto e vissuto pochi mesi all'ombra della nuova relazione della madre che aspettava un secondo figlio dal nuovo compagno. “In quel rapporto c'era qualcosa che non andava” accusa la nonna del piccolo Leo alla fiaccolata che una Novara sgomenta organizza poche ore prima delle esequie. “Ho detto tutto a chi di dovere, sta scritto in Procura” aggiunge “ma nessuno ha fatto niente”. Moese, il padre biologico, viene cacciato dalla fiaccolata, bandito dai funerali. La città si stringe nel lutto cittadino attorno ai parenti della madre e applaude quando un volo di palloncini si porta via la bara di Leo e i suoi 20 mesi di luce.