Lo stato della giustizia e i rapporti tra politica e magistratura, il sentimento dell'opinione pubblica. La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli cade in un momento particolare. Dopo quasi 30 anni riapre vecchie polemiche, ma è scomparsa del tutto sull'inchiesta mani pulite. Ma non solo, trova l'Italia in una fase in cui di nuovo la giustizia è al centro dell'attenzione, anche se per motivi e in un contesto molto diversi. L'inchiesta degli ultimi mesi sul caso Palamara ha dato un colpo forte in termini di credibilità e fiducia. Anche per questo si torna a ragionare di riforma del settore. Il ministro della giustizia Buonafede ha messo a punto una proposta complessiva che è già in bilico, viste le bordate arrivate da Matteo Salvini e allo stesso tempo per ragioni differenti, criticata dal sindacato delle toghe, che torna a riunirsi per discuterne più a fondo. L'Anm ha bollato come incostituzionale l'idea del guardasigilli di introdurre il sorteggio per selezionare i magistrati destinati al Csm, anche se dopo una prima fase di voto nei collegi territoriali. La proposta Buonafede punta anche ad aggredire l'atavico problema della durata dei processi e per questo fissa un termine perentorio delle indagini preliminari, in base alla gravità del reato. L'Anm non è convinta, mentre l'ipotesi piace agli avvocati. Altra novità messa in cantiere è un forte rafforzamento delle figure di vertice degli uffici giudiziari, come i procuratori e i presidenti di tribunale. E qui il pensiero torna a Borrelli che i suoi sostituti di allora definiscono oggi un capo vero, senza mai bisogno di dichiararsi o apparire tale.