Delle due manutenzioni previste al deposito Eni di Calenzano, in provincia di Firenze, solo una era in atto. Così dichiara la multinazionale dell'energia precisando che dei due interventi programmati uno soltanto era iniziato la mattina dell’esplosione che ha causato la morte di cinque lavoratori e il ferimento di 26 persone, oltre a provocare ingenti danni materiali. Alla Procura di Prato, che indaga sul disastro, risultano invece che entrambi i lavori erano partiti. Uno sulla pensilina 7 su una condotta di alimentazione per il carico di carburante ai camion, e l’altro sulla corsia 6, quella dell’esplosione, su due raccoglitori di vapori che da tempo sarebbero stati malfunzionanti. Il quadro di quanto accaduto non è ancora chiaro e gli inquirenti che indagano sono al lavoro proprio per ricostruire l’esatta dinamica della sequenza del disastro. Secondo quanto emerso finora, ci sarebbe stato un carrello, sollevato da un macchinario, nella zona dell’esplosione che non si esclude possa aver fatto da innesco ad una nube di vapori generata durante le operazioni di carico del carburante. Un fumo che alcuni testimoni riferiscono di aver visto e che sarebbe visibile nelle immagini precedenti allo scoppio. Fra le ipotesi c'è quella dell'errore umano ma la Procura è in attesa di risposte chiare e vuole capire cosa abbia provocato l'esplosione e se siano state rispettate le misure di sicurezza necessarie. Lunedì è previsto un sopralluogo al deposito al quale parteciperanno i consulenti dei pm che dovranno lavorare alla maxi perizia. I reati ipotizzati, al momento contro ignoti, sono di omicidio plurimo colposo, crollo doloso di costruzioni e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.