"Un posto che era un posto di morte che ci siamo ripresi. Perché ogni giorno arriviamo lì con tanti studenti e tanti adulti, turisti per raccontare quello che è successo a Capaci una verità che ancora ci è negata in parte". Perché il messaggio resti sempre ben visibile a chi arriva a Palermo dall'aeroporto la scritta sulla montagna che sovrasta la costa nord occidentale della Sicilia viene ridipinta. Questo è il casolare in cui Giovanni Brusca si appostò per avere una visuale ideale sulle autostrada e azionare il telecomando nel momento esatto del passaggio di auto su cui viaggiavano il Giudice Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. NO MAFIA, parole stampate sulle maglie delle centinaia di persone arrivate fin quassù, sotto un sole estivo. Cittadini, turisti, esponenti di 16 associazioni attive sul territorio e persino di un collettivo dalla Francia. "Veniamo a cercare di capire come il movimento Antimafia si è sviluppato perché da noi la mafia è un fenomeno criminale sottovalutato". Poi un fiume di alunni di tante scuole siciliane ma anche emiliane e piemontesi. "Io sono palermitana. Sono stata alunna di padre Puglisi e quando nelle scuole parlavo di mafia mi rendevo conto che questo problema non lo ritenevano assolutamente un problema vicino a loro, ma solo legato alla Sicilia. E invece in Piemonte è radicata". Sfilano con gli striscioni che rendono omaggio alle vittime della mafia, ricordano i volti e le frasi celebri di chi pagò con la vita il coraggio di aver sfidato Cosa Nostra. Si fermano al Giardino della Memoria accanto al cratere in cui furono recuperati i brandelli di corpi, lamiere d'auto, pezzi d'asfalto. Le parole hanno un peso e servono a chiedere una verità dopo 30 anni ancora incompleta. E lungo la strada riappare lo striscione realizzato dal Gruppo giovanile Capaci 88 il giorno dopo la strage: Capaci non dimentica accanto al cartello che sottolinea come ad uccidere sia stato il potere politico mafioso.