“Palermo chiama Italia” e a rispondere sono migliaia di ragazzi. In 1500 sbarcano dalla nave della legalità, ricoperta dalle gigantografie dei volti dei due giudici eroi. A terra le attendono studenti arrivati da ogni parte della Sicilia. “Bisogna abituarli a ricordare. Il ricordo e la memoria sono la cosa principale perché ancora nelle nostre zone c'è la mafia e, quindi, va combattuta”. Insieme si muovono in corteo verso l'aula Bunker, cuore delle commemorazioni istituzionali, mentre altri 1300 affollano il “Giardino della Memoria” a Capaci, vicino al luogo della strage. Questo luogo oggi, pieno di vitalità, di gioia, di voci di bambini, 27 anni fa era un luogo di morte e di devastazione. Qui arrivarono i resti dell'auto che guidava il corteo della scorta a bordo della quale c'erano Antonio Montinaro, il caposcorta, Rocco Dicillo e Vito Schifani, gli agenti. Eccola l'auto, ridotta carcassa della terribile esplosione, diventata uno dei simboli della lotta alla mafia che uccide, ma non spegne le voci di chi chiede legalità, verità e giustizia. I ritratti delle 5 vittime di Capaci e delle 6 di via d'Amelio, adornano gli ulivi di quello che è diventato il “Giardino della Memoria”. “Dopo 27 anni, che ancora vengono tutti i ragazzi di tutta l'Italia, è chiaro che questo ci fa sentire un pochettino più forti del '92, quando ci siamo sentiti in ginocchio”. Nel pomeriggio il Movimento dell'Antimafia, che si era spaccato nella prima parte della giornata tra polemiche e contestazioni, si ricompatta nei due cortei che partono da due luoghi simbolo della Palermo che ha versato sangue e si è ribellata allo strapotere mafioso. Via d'Amelio, dove 57 giorni dopo la morte di Falcone e degli agenti della scorta, Paolo Borsellino e i suoi angeli custodi e dall'aula Bunker del maxi processo. Lungo il percorso scatta un applauso di fronte ad ogni balcone e finestra che espone un lenzuolo bianco, simbolo del No alla mafia.