Sarà un 23 maggio diverso rispetto a tutti quelli trascorsi dal ‘92 ad oggi. Nel ventottesimo anniversario della strage di Capaci, infatti, non ci saranno celebrazioni con le migliaia di persone che ogni anno hanno riempito le strade di Palermo per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro, morti sull'autostrada che collega l'aeroporto alla città. Il tritolo di Cosa nostra e non solo di Cosa nostra spazzò via la loro vita. L'emergenza Covid-19 ha costretto la Fondazione Falcone ad annullare tutte le manifestazioni in memoria delle vittime di mafia. Non arriveranno le navi della legalità che hanno portato migliaia di studenti a Palermo negli anni passati e non ci saranno incontri e dibattiti all'interno dell'aula bunker del carcere Ucciardone, dove venne celebrato il primo maxi processo alla mafia, istruito proprio da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La Fondazione Falcone ha organizzato un flash mob per ricordare le vittime, invitando i palermitani ad appendere fuori dal balcone un lenzuolo bianco, come avvenne nel ‘92 all'indomani delle stragi, prima di Capaci e poi di via D'Amelio. Alle 17:58 sotto l’albero Falcone un trombettista della Polizia suonerà il silenzio, proprio sotto la casa di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, diventato ormai un luogo simbolo. Un anniversario diverso, ma carico comunque di memoria e di impegno civile, in una Palermo dove è ancora in corso il processo d'appello sulla trattativa tra Stato e mafia che iniziò all'indomani delle stragi e per la quale in primo grado sono stati condannati, tra gli altri, Marcello Dell'Utri, il prefetto Mario Mori, all’epoca capo del Ros dei Carabinieri, il generale Antonio Subranni e boss del calibro di Leoluca Bagarella.