Dopo otto anni da quel 16 ottobre 2009, la famiglia Cucchi ha una data cui pensare ed è una data che guarda al futuro: 13 ottobre 2017. Quel giorno inizierà il processo davanti alla III Corte d’Assise per cinque carabinieri rinviati a giudizio. I cinque dovranno rispondere di diversi reati tra cui l’omicidio preterintenzionale, il falso nella compilazione del verbale di arresto e la calunnia. Stefano Cucchi viene arrestato perché in possesso di 21 grammi di hashish e altra droga. Aveva trent’anni, era epilettico, pesava 43 chili per un 1,76 metri. Il giorno dopo le manette viene processato per direttissima e già quel giorno sono visibili ematomi agli occhi e la difficoltà nel camminare. Dopo essere stato trasferito in carcere, a Regina Coeli, le sue condizioni fisiche iniziano ad aggravarsi sempre di più. Viene visitato all’ospedale Fatebenefratelli ed è lì che i medici si accorgono della frattura della mascella, una lesione all’addome, due alla colonna vertebrale e un’emorragia alla vescica. Stefano rifiuta il ricovero fino al giorno della sua morte, sei giorni dopo l’arresto, all’ospedale Pertini. Era il 22 ottobre, pesava 37 chili. Fin dall’inizio della sua carcerazione, i familiari hanno cercato di capire le condizioni fisiche di Stefano ma non ci sono mai riusciti. L’unica notizia per loro è stata la notifica per l’autorizzazione dell’autopsia. Tre dei cinque militari, Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, devono rispondere di omicidio preterintenzionale per aver picchiato Cucchi il giorno del suo arresto con – si legge nella sentenza – schiaffi, calci e pugni, che uniti alla condotta omissiva dei sanitari che lo avevano in cura al Pertini, lo hanno portato alla morte. Otto anni fa moriva Eluana Englaro, l’Italia tremava e finiva in macerie in provincia de L’Aquila seppellendo 308 persone. Otto anni fa, e di Cucchi nessuna traccia in quel 2009 lontanissimo che tornerà ad avere un senso, forse, dal prossimo 13 ottobre.