Dall'ordinanza del GIP che ha disposto gli arresti domiciliari per Andrea Pellegrini, Assistente capo della Polizia accusato di tortura nella vicenda Omerovic emerge un quadro di falsità tesi a nascondere la realtà dei fatti e le proprie responsabilità. "Una vicenda grave" la definisce il Capo della Polizia Giannini che però sottolinea anche l'orgoglio per aver fatto quello che bisognava fare, aver indagato, effettuato l'arresto e fatto emergere una storia di violazioni, violenza e abusi. Il 25 luglio scorso, a Roma, quattro poliziotti si presentano a casa di Hasib Omerovic, 36 anni, etnia rom, sordomuto dalla nascita, voci di quartiere amplificate dai social, lo indicavano come responsabile di molestie sessuali e così, senza un mandato né una denuncia scrive il GIP, Pellegrini decide di agire, abusando del proprio potere, mettendo in atto una spedizione punitiva, aggredisce Omerovic, lo schiaffeggia più volte, urla, lo immobilizza a una sedia con del filo elettrico, lo minaccia con un coltello fino a quando la vittima, terrorizzata, si lancia giù dalla finestra, ancora oggi è in ospedale. Nella nota di servizio redatta quel pomeriggio di luglio, so legge che Omerovic si era lanciato quando gli agenti erano già nel cortile, ma è un falso, a confermarlo le dichiarazioni di uno dei presenti, un poliziotto che ha collaborato alle indagini. "Mi vergognavo per non essere intervenuto", così ha giustificato il fatto di non aver riferito immediatamente ai superiori, superiori a lui era anche Pellegrini ed è per questo che, ha dichiarato l'agente, ho firmato quella relazione, motivo per cui oggi è indagato insieme con i suoi colleghi per falso. Soltanto un paio di mesi dopo però l'agente decide di raccontare a un dirigente come erano andati davvero i fatti ed è proprio il suo racconto a costituire oggi l'architrave dell'accusa.























