I due anni per le indagini preliminari si chiudono a ore, i magistrati romani sono pronti a depositare l'avviso di conclusione per i 5 agenti dell'intelligence egiziana, accusati del terribile omicidio di Giulio Regeni, un percorso lungo e tortuoso verso la verità, che anche nell'eventuale fase processuale si prevede complicato, nell'ultimo dei tanti incontri tra le procure si è segnata lunedì la definitiva separazione, quella di Roma, forte di alcune testimonianze, ha comunicato agli omologhi stranieri che chiederà il processo per i cinque, anche senza che abbiano eletto il domicilio a cui ricevere gli atti, quella egiziana ha risposto che le prove sono insufficienti e che l'autore del delitto resta ignoto. Ma non solo, è andata oltre, tornando a sostenere la prima pista, quella di una banda criminale i cui membri fingendosi poliziotti avrebbero rapito e rapinato il ricercatore friulano, per poi morire tutti in uno scontro a fuoco con la polizia. Uno dei più grossi e grossolani depistaggi nel caso Regeni per le autorità italiane che non si fermano, pur consapevoli delle nuove difficoltà. Senza il domicilio degli accusati, infatti, gli atti sono stati finora mandati agli avvocati d'ufficio di Roma, per rinviarli a giudizio il gup dovrà valutare se ciò sia sufficiente per ritenere adeguatamente informati del procedimento in corso e la valutazione non è scontata. Intanto, pesano come macigni le parole accorate dei genitori di Giulio, abbiamo subìto ferite e oltraggi di ogni genere da parte egiziana, hanno mentito, oltraggiato e ingannato non solo noi ma l'intero paese, dicono, chiedendo ancora una volta al Governo un gesto forte, cioè richiamare immediatamente l'ambasciatore.