Il feretro dell'ultimo boss stragista raggiungerà la Sicilia da L'Aquila scortato dalle forze dell'ordine lungo un percorso che è e resterà segreto. E per le stesse ragioni di ordine pubblico, all'arrivo nella sua Castelvetrano, la salma raggiungerà direttamente il cimitero, dove verrà tumulata senza alcuna cerimonia o rito funebre, soltanto alla presenza dei familiari. Il capomafia condannato per le stragi del '92 e '93 e per una lunga scia di omicidi. Il boss che porta con se nella tomba i segreti della trattativa tra la mafia e lo stato, che non ha mai parlato con i magistrati, se non per dire che non avrebbe mai collaborato, verrà seppellito nella cappella di famiglia accanto al padre, don Ciccio, boss come lui, prima di lui, che da latitante trascorse gli ultimi anni di vita. Con la sua scomparsa Castelvetrano si libera di un macigno. Negli ultimi trent'anni nota più per essere stata la città natale di Messina Denaro, che la terra dei templi, del parco archeologico di Selinunte. "Noi vogliamo iniziare un percorso per fare conoscere Castelvetrano per quello che è. Una Castelvetrano per bene, una Castelvetrano che vive e lavora all'interno della legalità". Si tira un sospiro di sollievo anche in quegli ambienti del tessuto economico, sociale e politico che con la mafia, per decenni, hanno fatto affari. Imprenditori, politici, amministratori, faccendieri intercettati e seguiti, in un territorio sotto osservazione negli anni della lunga caccia al boss. Controllati e spiati anche dopo il suo arresto, nel tentativo di ricostruire la rete di protezione che aveva permesso al ricercato numero uno di muoversi liberamente nella vicina Campobello di Mazara, in cui era andato a vivere più che a nascondersi, fino alla scoperta di quel male che lo aveva costretto ad abbassare la guardia per sottoporsi a interventi e cure, lontano da quel territorio. Le stesse cure che riceveva il paziente, noto come Andrea Bonafede, alla Maddalena di Palermo, sono state garantite al sanguinario pluricondannato boss Messina Denaro, ricorda ora l'oncologo che lo ha avuto in cura al San Salvatore de L'Aquila. "Credo che questo tipo di intervento abbia segnato la differenza tra noi e un altro mondo che non siamo noi".