"Quale crede che sia il rischio di introdurre schwa e asterischi nell'italiano?" "Il rischio che ci sia una personalizzazione eccessiva e la voglia di cambiare delle pratiche, delle parole, dei modi di esprimersi consolidati. Valditara ha fatto poi un semplice atto burocratico, dicendo non fatelo perché mi sembra in contrasto con le lingue, ma non è stata una censura. Ha detto: la comunicazione istituzionale deve avere anche dei binari precisi, perché se uno chiama il prefetto, l'altro con l'asterisco, l'altro la prefetta, uno la prefettessa, mi sembra che la pubblica amministrazione diventi un caravanserraglio ideologico. Cioè, mi sembra che si possa far politica, si possano esprimere tutte le opinioni, l'Italia è un Paese liberissimo, l'articolo 21 è un ombrello dove ci ricadiamo tutti dentro, ma farlo surrettiziamente sulle circolari, sulle pagelle, sugli ordini di servizio funzionariali mi sembra esagerato. I tempi cambiano, bisogna assecondarsi, io non non son fermo all'800, però bisogna anche fare che gli strumenti non siano surrettizi. Cioè, lo Stato faccia lo Stato. Non è che è la Cassazione che deve fare giurisprudenza linguistica e introdurre nuove forme a cui dobbiamo tutti adeguarci o sentirmi indietro se io non dico l'avvocatessa e voi tre mi guardate male". "Più che altro è un contenuto simbolico, secondo me. L'importante è conoscere che esistono queste strategie linguistiche, poi ognuno è libero di utilizzarle o non utilizzarle, ma in certi contesti, magari più informali, potrebbe anche essere utile per far conoscere appunto una situazione che è quella legata al genere". "Ci vedi tu questa utilità, Marco?" "No. Non ce la vedo. Sono un pochino più dell'avviso che sia un posizionamento del tutto legittimo, ma che abbia un'utilità no. Cioè, ha un'utilità nel portare avanti quel tipo di posizionamento ma non penso che abbia un'utilità per la lingua italiana, ecco. Ci vedo dietro una una forte posizione ideologica". .