Fino a ieri, all’ombra della più importante stazione appaltante del Paese, la Consip, giravano mazzette, promesse di incontri ai più alti livelli della politica, pizzini con cifre di denaro e relativi destinatari. Oggi, nell’intricata e complessa inchiesta sugli appalti della società pubblica, sono tutti contro tutti. Con una clamorosa iniziativa della Procura di Roma: la revoca delle indagini ai carabinieri del NOE, a causa delle ripetute rivelazioni di notizie, coperte da segreto istruttorio, sia verso gli indagati o persone coinvolte a vario titolo nel procedimento, sia nei confronti degli organi di informazione. Fuga di notizie che nelle settimane scorse ha già portato all’iscrizione, sul registro degli indagati, del comandante generale dei Carabinieri Del Sette e del Ministro Lotti, accusati di aver rivelato all’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, l’esistenza di un’inchiesta in corso sulla società. “In questa vicenda non c’è nulla di vero, sono vittima di una strumentalizzazione politica”, si sfoga intanto da Regina Coeli Alfredo Romeo, l’imprenditore accusato di aver corrotto, dietro il pagamento di tangenti, un altro dirigente Consip per l’aggiudicazione di appalti milionari. Appalti, scrivono i magistrati, che l’imprenditore cercava di ottenere a suon di tangenti, ma anche attraverso le alte sfere del potere. A garantirgli importanti agganci con i vertici Consip sarebbe stato il papà dell’ex premier, Tiziano Renzi, conosciuto grazie all’amico in comune, Carlo Russo. Renzi e Russo, secondo l’accusa si sarebbero impegnati a sponsorizzare Romeo dietro la promessa di denaro. “Mai conosciuto Alfredo Romeo, mai stato in Consip, mai fatto pressioni”, la difesa di Tiziano Renzi durante l’interrogatorio di quattro ore a piazzale Clodio. “Qualcuno ha abusato del mio influente cognome”, ha poi concluso Renzi senior, prendendo così le distanze dall’amico Carlo Russo, che invece ha scelto di non rispondere alle domande dei magistrati.