“Mi ricorderò, praticamente, il pronto soccorso intasato, ricorderò i reparti intasati, questa situazione quasi di tipo di dantesco. Arrivavi in dei reparti che erano saturi, pieni di persone che avevano bisogno di noi.” “Purtroppo c'è stato il finimondo. Il paziente, quando arriva in terapia intensiva, è già spaventato di suo. Il fatto di essere nudo, pieno di tubi, pieno di cose fa molta paura.” “I morti visti nei letti sono una fotografia che nella mia mente c'è sempre perché vedere tante persone nel letto, morte, senza nessuno a fianco e non abbandonate perché noi, comunque, lì c'eravamo ad accudirle, a stargli vicino anche nell'ultimo momento, però era una tristezza.” Ci siamo abituati a chiamarli eroi i medici, gli infermieri, gli OSS, sono quelle persone che hanno visto morire centinaia di uomini e donne in queste ultime settimane nei nostri ospedali e tantissimi ne hanno salvati. Siamo venuti all'ospedale di Cremona, un ospedale che porta ancora i segni di un'emergenza sofferta e durissima. Questa è una delle rianimazioni che è stata in prima linea fin da subito in questa emergenza. Qui c'erano 8 posti letto, si è arrivati ad averne 60. L'emergenza, come l'hanno vissuta questi corridoi poche settimane fa, non c'è più, ma qui c'è chi continua a lottare per sopravvivere. “Penso che sabato 21 marzo me lo ricorderò per tutta la vita perché in questo reparto, che normalmente è preparato per 8 pazienti, ne avevamo ricoverati 22.” “Non si faceva in tempo a pulire un letto perché già c'era l'altro paziente che doveva essere messo a letto.” “Noi abbiamo avuto la fortuna di avere una risposta di otto giovani e splendidi - dico io - ragazzi che sono praticamente anestesisti e rianimatori, due sono venuti dall'Inghilterra, sono italiani comunque, uno è venuto dal Veneto e ci hanno dato una mano. Il rianimatore non si può improvvisare.” L'ospedale da campo allestito dai militari americani è ancora attrezzato nel parcheggio dell'ospedale, presto verrà fatta una nuova terapia intensiva pulita, cioè per pazienti non Covid, perché la vita continua, ci dicono, e le attività dell'ospedale devono riprendere come prima. Si continua a correre in questi corridoi, anche adesso che l'emergenza non è più così opprimente qui si continua a correre per salvare vite. Questo succede tra queste mura, dietro gli elmetti trasparenti, i guanti e i camici ingombranti, qui e in tutti gli ospedali del mondo. “In questo momento siamo diventati gli eroi, ma io sono convinta che fra due mesi, tre mesi, quando speriamo che la cosa si risolva e poi arriva il vaccino, degli errori più nessuno si ricorda.”.