Se dovessimo ragionare rispetto allo scontro bellico in atto, rispetto alla carenza di prodotti agroalimentari, in particolar modo il grano, è fuori dubbio che un'analisi stretta inerente al nostro Paese, porterebbe a far si o a dire che noi non siamo in difficoltà, importiamo solo il 4% di grano proveniente dalla Russia e dall'Ucraina, il 15% di mais. Ma dobbiamo ragionare in un'ottica geopolitica e non possiamo far finta che in paesi a noi vicini, come tutto il nord Africa e non solo, ci sia una forte situazione di criticità rispetto alla carenza, in termini di disponibilità di grano, essendo paesi netti importatori di grano proveniente proprio dalla Russia e dall'Ucraina. Di fronte a tutto questo serve una azione di carattere politico, che vada a coinvolgere più continenti nel garantire cibo su questi territori, per evitare anche ondate di carattere migratorio, che metterebbero in forte difficoltà anche una tenuta all'interno del nostro Paese e in modo più ampio nel contesto europeo. Nello stesso modo stiamo lavorando, in Europa, per ottenere la possibilità di lavorare più suolo agricolo, rispetto agli anni passati. Non è sufficiente dare una risposta per un solo anno, stiamo chiedendo un'intera programmazione che sia almeno decennale, per quanto riguarda i 9 milioni di ettari, che prima non venivano coltivati, che tornando ad essere coltivati, possiamo arrivare alla piena autosufficienza in tutti i settori produttivi, tranne che per quanto riguarda l'olio di semi. Di fronte a tutto questo, ovviamente, c'è molto lavoro da dover fare.























