È un eritreo che vive in Tripolitania il trafficante numero uno di uomini, gestirebbe due centri di detenzione sulle coste libiche, dove migliaia di migranti vivono ammassati e vengono minacciati e torturati prima di potersi pagare il viaggio della speranza e partire alla volta dell'Italia, a bordo di barconi fatiscenti. È quanto emerge da un'inchiesta della Dda di Palermo che nella notte ha portato all'esecuzione di 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere, in 14 sono finiti in manette e 4 risultano latitanti. Tra loro, il trafficante di uomini Ghermay Ermias, di lui e di un altro eritreo che si fa chiamare Abdus Salam, anche lui latitante, hanno parlato agli investigatori decine di migranti arrivati in Italia a bordo dei tanti barconi che raggiungono le nostre coste. I viaggi della speranza, ricostruiti dagli inquirenti della Dda che hanno coordinato le indagini della Squadra Mobile, dallo SCO e di Polizia di Stato, venivano pagati attraverso il metodo hawala che consente di spostare denaro senza che questo venga tracciato. La banda operava tra il centro Africa, la Libia, l'Italia e diversi Paesi del Nord Europa. All'organizzazione, al momento, vengono contestati almeno 4 viaggi, in uno di questi arrivarono a Catania mille 422 persone, era il luglio del 2017. Riconducibile alla banda anche l'arrivo dei migranti dell'agosto del 2018 a Lampedusa, a bordo della Nave Diciotti della Guardia Costiera, sbarco avvenuto dopo un braccio di ferro con l'allora ministro Matteo Salvini.