"Non chiedo nessuna attenuante, sono davvero pentito". Queste sarebbero le parole scritte di proprio pugno da Filippo Turetta in una lettera recapitata alla Procura generale, alla Corte d'Assise e a quella d'Appello, con cui comunica di rinunciare al ricorso in Appello, accettando l'ergastolo. Turetta, reo confesso, è stato condannato alla massima pena in primo grado per l'omicidio di Giulia Cecchettin, con 75 coltellate, l'11 novembre di 2 anni fa. Il processo d'Appello inizierà il 14/11. La Difesa di Turetta ha impugnato la sentenza sostenendo l'insussistenza della premeditazione, riconosciuta invece dai giudici della Corte d'Assise. Anche la Procura di Venezia ha fatto ricorso chiedendo il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking, escluse invece dai giudici. Una storia, quella di Giulia, che ha scosso l'Italia intera, che ha avuto un'eco mediatica fortissima. Ad agosto Turetta nel carcere di Verona è stato aggredito da un detenuto e solo poco tempo fa il padre di Giulia ha rifiutato di accogliere, per il momento, la sua istanza di giustizia riparativa, cioè quel percorso che prevede il coinvolgimento diretto delle parti, Turetta e i familiari di Giulia, finalizzato alla compensazione del danno causato. "Non è il momento di parlarne, soprattutto a ridosso del processo d'Appello, senza che ci siano state né le scuse né la richiesta di perdono, mi sembra strumentale" aveva detto Gino Cecchettin. Turetta fu arrestato dopo la fuga solitaria in Germania durata 10 giorni e dopo aver nascosto il corpo di Giulia in montagna. "L'ho uccisa" aveva detto "quando ho capito che non sarebbe più tornata con me". .























