"Professor Sambri, a Fano nelle ultime settimane un focolaio di febbre dengue con oltre un centinaio di casi. Cosa sta succedendo?", "Che quando hai una persona che arriva da zone endemiche, come il Sudamerica, come l'Asia, con la fase del virus nel sangue le nostre zanzare si possono infettare e da lì parte la trasmissione locale. Che è quello che è successo a Fano, ma non solo a Fano". "Cosa state facendo nel vostro laboratorio?", "Ma noi stiamo sequenziamento tutto quello che ci arriva da poter sequenziare. Nel senso che il virus della dengue ha 4 tipi diversi uno dall'altro. Nel caso di una seconda infezione con un tipo diverso il rischio è che la malattia, in un numero se vogliamo limitato di casi, non sicuramente tutti, però diventi una malattia importante perché diventa una febbre emorragica", "Qual è la situazione?", "Ma sicuramente noi in Italia stiamo avendo un discreto numero di casi, perché 570 casi diagnosticati ne ipotizzano fra il doppio e i 10 volte tanto, dipende da come vogliamo fare le stime. Però sicuramente questa è la punta di un iceberg. Quanto sia grosso l'iceberg di sotto facciamo fatica a dirlo. È una situazione che coinvolge fondamentalmente tutto il bacino del Mediterraneo dove abbiamo il vettore. Se identifico un soggetto positivo lo isolo, disinfesto intorno al soggetto e probabilmente riesco a contenerlo. Se ne ho 100 è chiaro che questo diventa drammaticamente più complesso e meno efficace". "Si poteva prevedere questa situazione e quanto la preoccupa?", "Allora la risposta è sì. Che si potesse prevedere è assolutamente vero. Tant'è che con i finanziamenti del PNRR noi abbiamo presentato nell'ambito di un grosso progetto sul controllo delle malattie infettive, che passa dalle dengue all'antibiotico resistenza, un piano proprio per controllare e sviluppare sorveglianza e diagnostica sulla dengue. Quindi era ed è stato approvato. Diventi un piano di sorveglianza che tutte le regioni mettono in atto. Perché se no adesso con il focolaio di Fano qualche preoccupazione nel sud della Romagna comincia a esserci. Ma comincia a esserci perché i pazienti si muovono. La sorveglianza è il punto fondamentale. Se no si rischia veramente di fare partire un'epidemia molto diffusa".