Nessuna eresia, nessuna negazione della dottrina cattolica. Le benedizioni delle coppie definite irregolari o dello stesso sesso scatenano il dibattito a più livelli. La dichiarazione dottrinale Fiducia Supplicans che apre alle benedizioni svela scenari nuovi che portano con sé discussioni importanti. Il testo, del dicastero per la dottrina della fede, approvato dal Papa, ha specificato in modo chiaro che ci devono essere differenze evidenti ma ha lasciato spazi aperti, interrogativi e dubbi, tanto che si è intervenuti con una lunga nota in cui oltre a ribadire le modalità in cui devono avvenire queste benedizioni se ne circoscrive il senso: non è ammesso nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione. Chiarito il confine si va avanti con le modalità: le benedizioni pastorali alle coppie irregolari, si legge, o dello stesso sesso devono distinguersi chiaramente dalla benedizioni liturgiche e ritualizzate, devono essere soprattutto molto brevi. Pochi secondi, senza rituale e senza benedizionale. Come specificato nella dichiarazione Fiducia Supplicans del 18 dicembre scorso poi mai queste benedizioni verranno svolte contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Sono passi compiuti in un contesto delicato, ma pur sempre passi: ovviamente non è un matrimonio, ma non è neanche un'approvazione né la ratifica di qualcosa, si chiarisce, è unicamente la risposta di un pastore a due persone che chiedono l'aiuto di Dio. Perciò, in questo caso, il pastore non pone condizioni e non vuole conoscere la vita intima di queste persone. Non vuole conoscere la vita intima è un punto importante della riflessione, così come la riaffermazione della differenza con un matrimonio o il no all'approvazione o alla ratifica. Insomma, un'apertura tra i paletti, espressione non facile forse ma che resituisce il senso della questione.