"Nel vostro settore quanti sono i posti di lavoro a rischio?" "Tra dipendenti diretti e indotto siamo circa 40.000. Anche dovessimo avere dei problemi su un 25-30% di aziende, lei mi insegna, vengono fuori dei numeri importanti e dolorosi". "La coperta è corta. Il Governo ha detto: aiuti sì ma vanno trovati i fondi, no a un allargamento del debito pubblico". "Ok. Noi però abbiamo un piano, che abbiamo concordato col Governo e il Governo ce l'ha approvato, che è quello di una gas release: vuol dire aumentare di 1,8 miliardi l'estrazione di gas nazionale, veicolato sulle aziende ad un prezzo vicino al costo di estrazione. Abbiamo chiesto al Ministro Cingolani, che abbiamo incontrato venerdì scorso, di darci una mano a far sì che l'ENI si sieda con noi e cominci a dire dove lo estraiamo, quanto ne estraiamo, a che prezzo ce lo dà, quanto ne dà alla carta, quanto ne dà al vetro, quanto ne dà alle ceramiche e quanto ne dà alla chimica, che sono i quattro settori che sono stati coinvolti, perché usiamo gas direttamente. Però l'ENI, se guarda i costi, non ha nessun interesse dal punto di vista economico". "Che cosa c'è in gioco?" "C'è in gioco la salvaguardia di settori del Made in Italy che sono stati costruiti in anni di lavoro. Non possiamo più aspettare niente, ci sono delle misure di carattere di urgenza da prendere perché verrà fuori un sacco di cassa integrazione e quindi bisognerebbe che i partiti, pur in campagna elettorale, facessero un break di due ore, andassero in Parlamento e dessero un mandato in bianco al Governo perchè intervenga con misure straordinarie pur essendo in campagna elettorale. Una di queste, secondo noi, è la moratoria sui mutui, per le aziende e per le famiglie. Prendere un break finanziario, intanto, da capire come ci si organizza, perchè altrimenti si chiude".























