L'accusa, per dirla semplice, è quella di aver puntato più a vincere il processo che ad accertare la verità. Tanto da aver omesso, questa l'ipotesi, di depositare prove favorevoli agli imputati pur di non minare l'impianto accusatorio da loro rappresentato nel processo di primo grado Eni Nigeria che, per la cronaca, si è comunque concluso con l'assoluzione di tutti gli imputati. E così ora con la cosa di rifiuto di atti d'ufficio, il Giudice per l'udienza preliminare di Brescia ha rinviato a giudizio il Procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il PM, ora alla procura Europea, Sergio Spadaro. Il caso in questione riguarda l'accusa di corruzione internazionale che la Procura di Milano contestava a 13 persone più due società, Eni e Shell, per una presunta tangente che sarebbe stata pagata a politici nigeriani. Nell'ambito di questo processo, è l'accusa di cui dovranno rispondere i Magistrati, non sarebbero state depositate le vere chat del telefono di Vincenzo Armanna, ex manager di Eni allontanato poi dall'azienda, dalle quali sarebbe emerso un suo rapporto con il teste che doveva confermare le accuse a Eni, oltre ad aver taciuto altri scambi di messaggi che avrebbero potuto far comprendere il suo ruolo di depistatore. Secondo la difesa dei due Magistrati invece i PM sarebbero rimasti nei margini della discrezionalità concessa a chi indaga. Ora entrambi i Pubblici Ministeri dovranno difendersi nel processo che si aprirà il prossimo 16 maggio.