La scelta di non collaborare con la giustizia non può precludere i permessi premio a un detenuto, purché abbia dimostrato di partecipare al percorso rieducativo. La Corte Costituzionale si pronuncia sull'ergastolo ostativo. "L'articolo 4 bis comma 1 dell'ordinamento penitenziario che lo prevede è costituzionalmente illegittimo" dice, per la parte relativa appunto ai permessi premio. La norma afferma che l'ergastolano per reati di mafia, terrorismo e altri specificati non può godere dei benefici penitenziari se non collabora. Ora la Consulta fa venir meno in assoluto questo meccanismo automatico, dunque il mafioso o terrorista in carcere a vita potrà, come qualunque altro detenuto, ottenere il permesso premio, a prescindere dalla collaborazione, se abbia dimostrato la sua ormai ridotta pericolosità sociale e di aver rotto con la sua organizzazione. Saranno i Magistrati di Sorveglianza a valutare caso per caso, basandosi su relazione del carcere e pareri esterni. Esultano le Associazioni come Antigone o Nessuno tocchi Caino, che si battono per il diritto alla speranza dei detenuti. È un primo passo - dicono - si recepisce la sentenza della Corte europea. La norma resta, però, operativa per gli altri benefici: lavoro esterno e misure alternative alla detenzione sono accessibili solo collaborando. Se poi questa breccia della Consulta indebolirà la lotta alla mafia lo si capirà solo con il tempo. Noi abbiamo difeso strenuamente questa legge, anche sostenendo il fatto che in questi anni aveva dato prova di incisività. Bisognerà vedere le motivazioni della Corte. Questo è importante anche per questo aspetto, cioè che limiti qualitativi e quantitavi in motivazione saranno posti.