L'iscrizione nel registro degli indagati, un atto dovuto sebbene la questione giuridica si profili ben più complicata che in passato. Dopo essersi autodenunciato presso la caserma dei Carabinieri di Milano, Marco Cappato è ora indagato dalla Procura con l'accusa di aiuto al suicidio per aver accompagnato a morire in una clinica svizzera: Elena, la 69 enne veneta, malata terminale di cancro. Unite fino a questo punto identico a quello della vicenda di Dj Fabo, conclusasi col medesimo epilogo che anche 5 anni fa era costato l'accusa di istigazione al suicidio per il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, poi assolto dopo la pronuncia della Consulta. Ora si aprono però tutta una serie di questioni nuove per nulla scontate, rispetto ad allora. C'è anzitutto da valutare la competenza territoriale: Elena abitava in provincia di Venezia ed è lì che Cappato è andato a prenderla per portarla a Basilea. La competenza dunque potrebbe spettare alla Procura di Venezia. Sebbene poi il Parlamento non abbia mai legiferato sulla questione del fine vita nonostante le numerosissime sollecitazioni, nel 2019 la Corte Costituzionale ha tracciato una strada precisa fissando dei paletti. I Giudici della Consulta hanno così stabilito che in Italia l'aiuto al suicidio sia legale solo nel caso in cui il malato, oltre che essere affetto da una patologia irreversibile che sia fonte di intollerabili sofferenze, che sia pienamente cosciente, sia anche tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Cosa quest'ultima che non riguarda il caso di Elena. Infine, ci sarà anche da valutare l'ipotesi che a Cappato venga contestata la reiterazione del reato, avendo già affrontato un processo con la stessa accusa. Il fascicolo si trova ora sul tavolo del Procuratore Aggiunto Tiziana Siciliano, il Magistrato, già protagonista del processo a Cappato per l'aiuto al suicidio di Dj Fabo, e che per lui allora aveva prima chiesto l'archiviazione e poi, nel processo, l'assoluzione.























