A Trani come a Taranto il Procuratore Carlo Maria Capristo avrebbe ripetutamente venduto la funzione giudiziaria, lo scrive il GIP di Potenza nella nuova ordinanza che aggrava ulteriormente la posizione dell'ormai ex magistrato, già arrestato un anno fa e ora a processo in Basilicata per concussione. Per lui l'obbligo di dimora, ma l'inchiesta della Guardia di Finanza conta anche quattro arrestati, tra i quali spicca il nome di Piero Amara, l'avvocato siciliano che con le sue dichiarazioni di recente ha fatto tremare la politica e il CSM e che con Capristo avrebbe dato vita, già dal 2014, secondo gli inquirenti lucani, ad un vero e proprio accordo corruttivo. Le loro strade s'incrociano prima a Trani, dove il Procuratore si sarebbe prestato ad accreditare la tesi del complotto Eni costruita ad arte dall'avvocato siciliano e poi a Taranto dove Capristo, terminato il mandato tranese, sarebbe finito grazie alle sollecitazioni sul CSM di Amara, a sua volta in Puglia come legale di Ilva in amministrazione straordinaria. E nel capoluogo ionico, sempre secondo gli investigatori lucani, Capristo avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con l'avvocato ammorbidendo le posizioni della Procura nelle indagini sull'ex Ilva, cui erano legati, in veste di consulente esterno il primo e legale il secondo, anche Nicola Nicoletti e Giacomo Ragno, che con il poliziotto Filippo Paradiso, il tramite tra Capristo e Amara, chiudono la lista degli arrestati. Cinque infine gli indagati a piede libero, tra i quali i due magistrati protagonisti dello scandalo giudiziario, che nel 2019 investì la piccola Procura di Trani.