Si alzano le bande e i pesanti portoni di legno, con mille serrature vengono aperti. Il signor Gherardi ha una bottega specializzata in coralli e perle, e come ha fatto migliaia di altre volte, infila la chiave. Con quale stato d'animo? Con lo stato d'animo di sperare di ripartire. Ponte Vecchio però non luccica più come un tempo. Alcune gioiellerie hanno scelto di non riaprire. Gli affitti sono molto alti, una media di 20mila euro al mese. Poi ci sono le spese per il personale e alcuni costi originali, quelli di un posto unico al mondo. Per dire una banalità, abbiamo un sistema idraulico per le toilette dei bagni del Ponte Vecchio a un costo molto alto perché sono impianti che montano sulle navi da crociera. Senza contare che gli spazi talvolta sono minimi. Per prendere questo bracciale dovrei accompagnare il cliente fuori, rientrare con tutti e due insieme. Non si possono incrociare qui perché non c'è il metro di distanza. Riapriamo solo ed esclusivamente chi è in famiglia, cioè chi ha il negozio di famiglia che ha costi di gestione più bassi o comunque chi ha scelto di provare a dare un senso al al Ponte, a dare un senso di positività alla situazione. La storia del ponte è delle famiglie come quella di Ginevra. Il nonno e lo zio, il padre e infine lei che è diventata gemmologa, ma adesso non ha nemmeno l'entusiasmo della gioventù. Il 90 % del nostro fatturato è fatta dal turismo, quindi apriamo, ma sappiamo che richiuderemo. Gli orafi come altre categorie delle città d'arte chiedono un intervento dello Stato in termini di fiscalità. Perché è vero che l'immagine conta, ma la cassa non mente. I prossimi mesi saranno ruvidi come le pietre grezze. Avrebbe molto senso stare chiusi, sotto tutti i punti di vista. Anche sotto un punto di vista psicologico, perché non è semplice stare in negozio otto ore e non vedere nessuno.