Omicidio aggravato, procurato aborto, occultamento di cadavere. La confessione è lunga sette pagine, cioè la versione dei fatti fornita da Alessandro Impagnatiello, il racconto di come ha ucciso Giulio Tramontano al settimo mese di gravidanza, nella notte tra mercoledì e giovedì a Senago. Ma alcuni elementi non tornano e mancano dettagli importanti che potrebbero arrivare nelle prossime ore. Quelli che aggiungerebbero le aggravanti, per ora escluse dal giudice che ha convalidato il fermo e ordinato il carcere per il 30enne: premeditazione e crudeltà. Ci sono ancora da analizzare le immagini delle telecamere installate tra Senago e Milano, le celle telefoniche dei cellulari delle persone con cui l'assassino ha parlato quella notte, nelle ore successive. C'è da capire se qualcuno lo ha aiutato a disfarsi del cadavere e se aveva intenzione di uccidere anche la sua collega, con cui aveva una relazione parallela e con cui Giulia si era incontrata. È stata lei a fornire particolari decisivi e a raccontare di come ha avuto paura di Alessandro già da prima della scomparsa di Giulia. Insisteva perché lo facessi entrare, ma non ho voluto perché avevo paura, non sapevo che fine aveva fatto Giulia e di cosa fosse capace. La ragazza ha capito quasi subito che era successo qualcosa, anche quando l'uomo rispondeva ai suoi messaggi fingendosi Giulia. In una videochiamata durata nove minuti la ragazza chiedeva dove fosse, Alessandro mostrava il letto vuoto: dorme da un'amica. Ma era sudato, agitato e Giulia era già morta. E così la barista, che per mesi era stata l'altra, ha registrato le telefonate, ha fotografato dei guanti di lattice che uscivano dallo zaino di Alessandro, un narcisista, manipolatore.