Sono le 15:01 di una calda giornata di quasi estate, il calendario segna 10 giugno 2023. Un gruppo di bambini con un pallone esce dall' ex hotel Astor, una struttura fatiscente occupata dalle loro famiglie; c'è anche Kataleya. La chiamano tutti Kata, solo 5 anni e mezzo, i bambini si fermano, parlottano, organizzano il pomeriggio. Lei rientra con le mani sulla bocca. Sono le 15:13 quando la si vede salire sulle scale esterne fino al terzo piano per poi riscendere: dopo, il buio. I video costituiscono il punto di partenza delle ricerche ma forse anche l'inganno; fanno supporre agli investigatori che Kata non sia mai uscita dall'edificio ed è lì che si concentrano infatti le ricerche ma lo stabile rimane occupato fino a sabato 17 giugno quando inizia lo sgombero. Lì arrivano anche i cacciatori di Calabria abituati a cercare latitanti nell'Aspromonte, ma l'Astor è diverso, per certi versi peggiore. È un luogo di degrado, di racket dove qualche giorno prima un uomo è precipitato dalla finestra, nel processo per quella che gli inquirenti ritengono una spedizione punitiva è coinvolto anche lo zio di Kata. La persona che avrebbe dovuto prendersi cura della bambina in assenza della madre. Lei Katerine Alvarez sembra volersi pulire con barbiturici, viene denunciata per rissa, si dispera e fa continui appelli. Il padre Miguel Chiclo esce ed entra dalla prigione. Piccoli furti, telefoni, carte credito; Kataleya nel frattempo è diventata una faccia da poster, un nome da urlare nelle manifestazioni per strada. Riportato nei fascicoli delle rogatorie internazionali, l'hanno cercata nei filmati delle telecamere, nei borsoni visti uscire dalla struttura. Kata è in Perù, Kata è stata rapita per errore o vendetta. L'unica certezza è che Kata è scomparsa, finora senza un perché.























