Il sodalizio criminale era gestito da 13 persone, due pubblici ufficiali del Dipartimento attività produttive del comune di Roma poi quattro esponenti di una associazione sindacale di categoria ed un gruppo di sette sia imprenditori che commercianti, che gestivano il cosiddetto racket delle bancarelle. In pratica nelle loro mani c'erano le autorizzazioni per l'esercizio di attività commerciali su aree pubbliche e le numerose postazioni presenti nella capitale nel settore del commercio ambulante. Il ricorso degli indagati, alle intimidazioni, alle minacce e alle violenze era una prassi consolidata, un collaudato sistema corruttivo ed estorsivo, insomma, che si basava non solo sull'indebita appropriazione di denaro contante, ma anche su regalia ad iniziare da pranzi e cene e capi d'abbigliamento griffati e perfino abbonamenti annuali per assistere alle partite di calcio della serie A. Tra gli arrestati figurano anche due fratelli della famiglia Tredicine: Dino e Mario. Famiglia già nota, proprio per essere a capo del milionario racket degli ambulanti nella capitale che i Tredicine dominano da tempo. Diversi i reati contestati alle 18 persone in custodia cautelare in carcere dieci ai domiciliari, in un'operazione congiunta della Guardia di Finanza e della Polizia locale. Tra i reati contestati a vario titolo, c'è anche quello di usura con prestiti tra i due e i 5mila euro e l'applicazione di tassi d'interesse annui superiori anche al 500%.