"È una generazione di adolescenti che di fronte all'ignoto e di fronte alle sfide evolutive che devono essere affrontate in questo tempo della vita prova più paura che desiderio, e quindi dover entrare dentro al pezzo di vita che ti aspetta è una cosa che fa sentire fuori posto, inadeguati, più spaventati che desideranti e, di rimando, perciò l'ansia diventa proprio una sensazione di inadeguatezza, di fatica ad affrontare il nuovo e di incertezza che fa si che si preferisca di più stare in una zona di ritiro che in una zona di esplorazione". "Cosa possono fare i genitori per aiutare i ragazzi?" "Intanto, essere meno ansiosi loro. Cioè, l'ansia è davvero una di quelle cose che si contagia, e se io guardo te che sei l'adulto, il capitano coraggioso della mia vita, che sei più spaventato di me di fronte alle mie sfide certamente non riesco a darmi il coraggio che mi sarebbe necessario. Trovo poi che sia importantissimo, oggi, favorire nei preadolescenti, cioè nell'età che precede l'adolescenza, tra i 10 e i 14 anni, le esperienze di relazionalità, di stare fuori nel mondo, fare sì che l'allenamento alla vita sia con amici, amiche, nella vita reale e non dentro alla vita virtuale. E, l'ultimo aspetto: penso che gli adulti di oggi, e in particolare i genitori, devono davvero educarsi a tollerare le cadute, le sconfitte, gli errori dei propri figli, dei propri studenti, senza sperare che siano sempre dei campioni, dei numero 1 che devono salire sul podio".