"Questa è la prima volta che venivo in carcere" "Attraverso il confronto che abbiamo avuto noi con i detenuti sono nate riflessioni profonde, sentite e secondo me condivisibili a tutti." I ragazzi di alcune scuole superiori e una decina di detenuti di alta sicurezza e i familiari di alcune vittime di reati violenti. Sullo sfondo il carcere di Opera e un racconto Lev Tolstoj. Sono gli ingredienti di un percorso a più direzioni che nell'immedesimazione o nella semplice conoscenza dell'altro porta a elaborare il dolore e a ricucire quello strappo nel tessuto sociale che ogni reato provoca. È con questo obiettivo che nel 1997 nasce il Gruppo della Trasgressione. "Ho aperto il gruppo affinché i detenuti si sentissero motivati a cercare se stessi, non per il giudice, ma per se stessi. Negli anni mi sono abituato a rintracciare dentro ogni omicida, rapinatore, spacciatore, una persona che ha dimenticato il suo dolore." "La giustizia riparativa sta sullo sfondo come tensione anche sociale del nostro lavoro. Il reato, non è una una questione che riguarda solamente chi l'ha commesso, chi l'ha subito, che riguarda ciascuno di noi." Accanto all'esperienza dei detenuti c'è quella delle vittime, c'è quella di Marisa, la mamma di Marcella Di Levrano uccisa nel 1990 a 26 anni dalla Sacra corona unita e quella di Paolo, il fratello di Emanuela Setti Carraro, uccisa col marito, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982, nella strage di via Carini a Palermo. "Considerare che siamo vivi e che quindi dobbiamo fare scelte di vita, può portare qualcuno, non tutti, a avvicinarsi agli autori di reato, considerando che sono comunque persone e considerando che la nostra presenza come vittime surrogate può servire a fare riflettere sul dolore che hanno causato." "Dietro un reato c'è sempre un essere umano, quindi se c'è qualche cosa da poter salvare nonostante ciò, posso solo inchinarmi all'umiltà e alla misericordia di queste persone che vengono a condividere il loro dolore con noi che saremmo, tra virgolette, quelli che l'hanno causato il dolore." "Loro riconoscono noi, riconoscono il nostro dolore, noi riconosciamo il dolore di chi è rinchiuso in carcere." Ad ascoltare ci sono decine di ragazzi, ognuno di loro si è immedesimato in un personaggio del racconto Denaro falso, da una parte le vittime, dall'altra i carnefici, mettendo dentro anche un po' di sé. "Ancora non riesco a spiegarmi come si riesca ad andare a parlare, perdonare, delle persone che hanno fatto del male alla propria famiglia, ai propri amici, è veramente un gesto incredibile." "Partecipando a queste cose si può andare oltre al pregiudizio." .