"Da quando è iniziata la guerra abbiamo limitato l'orario di lavoro, quindi abbiamo fatto un giorno in meno di lavoro ogni settimana, e abbiamo iniziato a fare prepensionamento e tutto quanto necessario per ridurre il personale perché era in eccesso. Se dovesse perdurare ovvio che dovremmo ricorrere alla cassa integrazione o licenziamenti". La Cantina Toso di Santo Stefano Belbo nel cuneese, fondata nel 1910, produce ogni anno 28 milioni di bottiglie, quasi 8 ne esportava in Ucraina, Russia, Bielorussia e Kazakistan, prima dell'inizio della guerra per un fatturato di oltre 9 milioni di euro, un 20% del totale che ora è andato perso. "Per quanto riguarda l'Ucraina, c'è una limitazione perché è vietata l'importazione di prodotti non di prima necessità. Per quanto riguarda la Russia non ci sono limitazioni, ma di fatto le sanzioni impongono le limitazioni, perché i soldi faticano ad arrivare e i trasporti, quindi la merce, si fatica a consegnarla a fare arrivare fin là". Tutto il comparto vinicolo accusa il colpo per la perdita di un mercato, quello russo soprattutto, in piena espansione. Nel 2021, l'export di vino verso Mosca era cresciuto dell'11,1%, un totale di 375 milioni di dollari, con l'Italia primo esportatore. "In Russia non manca nulla. Molti dei prodotti nostri, parlo di prodotti italiani ma come di prodotti europei, sono stati sostituiti con altri prodotti provenienti da altre parti del mondo: Sud America, Nord Africa, etc. Non produciamo solo noi vino, come non produciamo solo nei prodotti alimentari. E le sanzioni colpiscono soprattutto noi, non colpiscono invece il Paese che dovrebbero colpire, perché noi produciamo il vino, produciamo i prodotti alimentari e non possiamo più esportarli".























