Non c'è pace per Hong Kong, dove la battaglia all'interno dell'Università Cinese è proseguita tutta la notte. Anche stamane, dalle prime luci dell'alba, migliaia di manifestanti occupano i binari dei treni e le arterie principali della città, bloccando di fatto l'intero sistema dei trasporti. E mentre la governatrice Carrie Lam rifiuta di dichiarare lo stato di emergenza e di chiudere tutte le scuole pubbliche, decisione duramente criticata dalle varie associazioni dei genitori e non rispettata da tutte le scuole, tutte le Università della città hanno invece confermato la sospensione di ogni attività. Nelle ultime ore sembra infatti che la tensione si sia spostata proprio all'interno dei campus universitari, in particolar modo quello dell'Università Cinese, una delle più prestigiose di Hong Kong, dove studiano anche molti studenti stranieri, tra cui una ventina di italiani. La polizia, che già nei giorni scorsi era entrata senza permesso nel campus per inseguire alcuni studenti, stanotte ha di fatto assediato e poi occupato il campus, provocando il panico tra migliaia di studenti che vi si erano rifugiati, che hanno reagito con lancio di rudimentali bottiglie molotov e persino fuochi d'artificio rinvenuti in un magazzino. E mentre il Senato accademico, con il rettore Rocky Tuan, cerca di negoziare con il governo locale e ottenere il ritiro della polizia, stamane centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa si sono presentati davanti ai cancelli dell'università, mentre nelle vicinanze sono parcheggiati decine di mezzi blindati. La China University sembra rappresenti un obiettivo strategico, oltre che simbolico. Al suo interno, infatti, è ospitato il super server HKIX che da solo gestisce il 99% dei messaggi inviati via Internet a Hong Kong, compresi quelli scambiati sulle cosiddette piattaforme sicure autocancellanti come Telegram. Il timore dei manifestanti e delle autorità accademiche è che se il centro venisse occupato dalla polizia, l'intero sistema cadrebbe sotto il controllo, prima, del governo locale e, quindi, di Pechino.