Una notte da incubo. La ragazza narcotizzata e violentata dall'imprenditore milanese Antonio Di Fazio ripercorre quelle ore di cui, per la verità, ricorda poco. Il suo corpo aveva assunto, diranno le analisi, una quantità tre volte superiore alla media giornaliera di Bromazepan. Tutto inizia il 26 marzo scorso quando la 21enne studentessa della Bocconi riceve l'invito da Di Fazio per un colloquio per uno stage. L'uomo è da anni ospite dell'albergo in Sicilia che gestiscono i suoi genitori. C'è quindi un legame di fiducia e la ragazza visita l'azienda stranamente deserta. Poi l'invito a casa, dove vivono la mamma e il figlio di Di Fazio, per questo mi sono fidata, dice la ragazza. Qui le viene offerto un caffè. Poi il vuoto. La memoria si riaccende il giorno dopo quando il fidanzato, che non riesce a mettersi in contatto con lei dalla sera prima, si attacca al citofono. Lei risponde ma non sta bene. La corsa in ospedale e la scoperta: non solo la droga ma anche la violenza. La ragazza racconta che non aveva la forza di muoversi, ricorda il braccio di quell'uomo su di lei e la sua mano sotto la cinta dei pantaloni. Nel telefonino di Di Fazio, spiega il GIP Chiara Valori, sono state scoperte fotografie di altre ragazze dello stesso tenore di quelle che riprendevano la giovane che ha denunciato, scattate dall'ottobre del 2020. Si scopre che l'uomo è un millantatore. Forte di una fornitura di mascherine alla Regione si spacciava per Alto Commissario per l'emergenza Covid. Nella sua auto sono stati trovati una pistola finta, un lampeggiante in uso alle forze dell'ordine e un tesserino del Ministero dell'Interno. Dopo la violenza si era affrettato ad inquinare le prove cercando di farsi precostituire un alibi dai familiari, denunciando la ragazza per calunnia ma soprattutto inventandosi una tentata estorsione da parte dei congiunti della vittima, a su dire, in difficoltà economica.