Lettere di un boss alla figlia. Matteo Messina Denaro le ha scritte per 13 anni, indirizzate e mai spedite alla sua unica figlia, Lorenza, che nacque nel '96 e che non volle mai incontrarlo da latitante. Un diario che contiene date e riflessioni, appunti e ricordi, annotati con cura tra il 2003 e il 2016, con una grafia ordinata, a stampatello, in quelli che il boss chiamava "i libricini". Quaderni dalla copertina rigida, con illustrazioni di Van Gogh. Sono stati ritrovati durante una perquisizione in una delle case in cui il capo mafia trapanese ha trascorso gli ultimi mesi di una latitanza quasi trentennale e pubblicati ora da Repubblica, anticipando i contenuti del libro "I diari del boss" di Lirio Abbate, quando sono passati quasi due anni dal suo arresto avvenuto il 16 gennaio del 2023 davanti alla clinica La Maddalena di Palermo, dove si sottoponeva, da mesi, alle cure per un tumore. Il sanguinario boss, a fianco di Riina nelle stragi del '92 e pluricondannato per una lunga serie di efferati omicidi, si racconta in un monologo in cui svela aspetti della sua vita più personale, tra narcisismo e arroganza, senza celare il rammarico per quella paternità incompiuta, rimasta a distanza perché le sue regole mafiose e patriarcali erano state, dalla ragazza, respinte. Ma Lorenza non è l'unica figura femminile, ci sono altre donne a cui Messina Denaro fa riferimento nei suoi diari. Sono quelle della famiglia e le amanti che lo hanno protetto e coperto, contribuendo a rendere quasi normale la sua vita da latitante, e ci sono le figlie delle sue amanti, che gli sono state fedeli negli anni in cui si permetteva il lusso di viaggiare, anche fuori dalla Sicilia. E lo racconta il boss, anche con le immagini. Qui è in posa davanti all'Arena di Verona. "Era il 20 maggio del 2006", scrive con un pizzico di vanità in una didascalia in cui spiega: "Questo era il periodo in cui hanno fatto quell'identikit, in cui sembrava che io avessi 86 anni, ma in verità ero così, come in queste foto allegate". E poi la firma: M.M.D.