Gli accertamenti della procura di Milano erano iniziati subito con l'obiettivo di capire se, ed eventualmente quale ruolo, avesse avuto il Presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana nel commissionare in piena emergenza covid, una fornitura di camici e di altri dispositivi di protezione individuale tra le altre anche all'azienda gestita dal cognato. Ora, anche il nome del governatore, che si era sempre detto estraneo alla vicenda risulta iscritto nel registro degli indagati, nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. Al Presidente Fontana, cosi come al cognato Andrea Dini e all'ormai ex direttore generale di Aria SpA, la centrale acquisti della regione Lombardia, Filippo Bongiovanni la procura, in sostanza, contesta quell affidamento diretto, quindi senza gara, di una partita di 75mila camici e 7007 sanitari per un valore di 513mila euro alla Dama Spa di Dini e di cui la moglie del governatore non coinvolta nell'inchiesta, detiene una quota del 10 %. Una fornitura che secondo la procura sarebbe avvenuta in conflitto di interesse e che solo dopo alcune notizie di stampa, il 20 maggio, sarebbe stata trasformata in una donazione di 50mila camici alla Regione i restanti 25mila, la Dama Spa, avrebbe tentato di venderli a nove euro l'uno, invece che a sei euro. Una prova secondo i magistrati milanesi della volontà originaria della società di guadagnare e non di donare quei camici. Nelle scorse ore l'ex direttore generale di Aria Spa è stato ascoltato dai pubblici ministeri, avrebbe fornito la propria versione dei fatti, sottolineando lo stato, quotidiano di necessità in cui la centrale acquisti della regione Lombardia operava nella fase più difficile dell'emergenza durante la quale, peraltro, avrebbe detto tutte le forniture di verifica delle procedure, compresa quella sui conflitti di interesse erano state sospese.