Una lotta imprenditoriale per aggiudicarsi gli appalti a suon di tangenti, o attraverso la ricerca degli appoggi nell’alta politica. È il sistema Romeo descritto dal Gip nelle cinquantacinque pagine di ordinanza di custodia cautelare contro il noto imprenditore napoletano. Romeo è accusato di corruzione perché avrebbe ottenuto appalti in Consip, la Centrale acquisti della pubblica amministrazione interamente controllata dal Ministero dell’economia, in cambio di tangenti. Somme di denaro in contanti, versati a un alto dirigente Consip, Marco Gasparri, anche lui indagato per corruzione. È lo stesso Gasparri a raccontare ai magistrati di aver ricevuto da Romeo in quattro anni 100.000 euro in mazzette: uno stipendio fisso, per spifferare all’imprenditore notizie riservate e bandi di gara della società. Romeo vuole mettere le mani su una delle più grosse gare in Europa, il Facility Management 4, un appalto da 2,7 miliardi di euro, ed effettivamente riesce a risultare primo in graduatoria per tre lotti del valore di 600 milioni di euro. Nelle carte dell’inchiesta figurano poi i molteplici interessi e le reti di rapporti intessuti da Romeo con il suo consulente Italo Bocchino, anch’egli indagato per traffico di influenze illecite. L’ex deputato avrebbe facilitato Romeo nei rapporti con gli enti pubblici, il sistema politico e l’alta burocrazia. Un’indagine iniziata a Napoli e trasferita poi a Roma per competenza territoriale, basata su intercettazioni, sequestri e recupero, da parte dei carabinieri del NOE, nella discarica di Roma, di alcuni foglietti strappati e poi ricomposti, su cui Romeo era solito annotare nomi, cifre, compensi, accordi illeciti e favori di varia natura. A dicembre l’indagine subisce però una battuta d’arresto, perché l’amministratore delegato Consip, Luigi Marroni, dispone la bonifica del suo ufficio da eventuali cimici, poi effettivamente ritrovate. Alle domande dei magistrati se qualcuno lo avesse informato dell’inchiesta in corso, Marroni fa i nomi dell’ex sottosegretario Lotti, del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e del comandante della Legione toscana, generale Saltalamacchia, tutti e tre indagati per rivelazione di segreto d’ufficio. E per traffico d’influenza è indagato anche il padre dell’ex Presidente del Consiglio, Tiziano Renzi, in concorso con l’imprenditore toscano Russo, amico di Romeo. I due avrebbero favorito l’imprenditore napoletano oggi finito in manette per corruzione.