Il fuoco amico attorno all’AD di Consip, Luigi Marroni, è sempre più stringente. Le dimissioni di due consiglieri dal CdA dell’azienda, il Presidente Ferraro e la consigliera Ferrigno, hanno di fatto azzerato l’intero board mentre martedì prossimo in Senato è prevista la discussione sulle mozioni parlamentari che chiedono un ricambio ai vertici della società. La resa dei conti sulla centrale acquisti della Pubblica amministrazione, controllata al cento per cento dal Tesoro, insomma è iniziata e la sedia di Luigi Marroni, scelto proprio dal Governo Renzi per guidare la società, è ormai sempre più traballante. Ma lui, testimone chiave nell’inchiesta su un presunto giro di mazzette nell’affidamento degli appalti Consip, sembra non voler cedere convinto – codice civile alla mano – di poter convocare d’urgenza lui stesso l’assemblea per nominare il nuovo CdA, nonostante sia venuta meno la maggioranza dei consiglieri. “Se vogliono mandarmi via” avrebbe detto “mi devono cacciare”, ricordando come appena tre mesi fa il Ministro Padoan, rispondendo ad un’interrogazione in Parlamento, aveva detto che non c’erano gli estremi per la sua decadenza. Da allora Marroni è stato nuovamente ascoltato come persona informata dei fatti dalla Procura di Roma confermando quanto aveva già detto ai PM napoletani, sia le pressioni per pilotare gli appalti verso l’imprenditore Romeo, arrestato poi per corruzione, che le soffiate sulle intercettazioni, dichiarazioni che hanno portato poi all’iscrizione sul registro degli indagati del papà di Matteo Renzi per traffico di influenze, il Ministro Lotti e il comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette. Una doppia inchiesta, quella napoletana e romana, sull’affare Consip che è un vero ginepraio tra fughe di notizie, accuse di depistaggi, dissidi fra Procure e forti ripercussioni politiche.