Il 16 aprile scorso, ore 15:22, Andrea Dini scrive un messaggio alla sorella Roberta: “Ordine camici arrivato”. Sono il cognato e la moglie del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. “Ho preferito non scrivere ad Atti”, conclude il messaggio del titolare di Dama Spa, l'azienda finita al centro dell'inchiesta della Procura di Milano. Quel giorno la centrale acquisti di Regione Lombardia affida in modo diretto, senza gara, una fornitura di 75000 camici per mezzo milione di euro. Uno scambio di battute per chi indaga che farebbero pensare ad una consapevolezza delle parti del conflitto di interessi. Dini e Fontana sono indagati per frode in pubbliche forniture. Fornitura che fu poi trasformata in donazione, secondo l'accusa, quando venne a galla il conflitto di interessi della società dei familiari del Presidente Fontana. In un altro messaggio tra Andrea Dini e un responsabile di Dama il primo scrive: “Dobbiamo donare molte più mascherine. Se ci rompono per le forniture di camici causa cognato, noi rispondiamo così”. L'altra chat agli atti è del 25 maggio. Roberta Dini scrive al fratello e avvisa del bonifico di 250000 euro che il marito ha fatto all'azienda di famiglia. “Non va bene un bonifico tra privati, digli di non farlo, fa più danni” è la risposta preoccupata di Andrea Dini, ma ormai era già partita la segnalazione dell'antiriciclaggio.